Ne è convinto Stefano Portolano, amministratore delegato del gruppo farmaceutico americano Celgene in Italia, intervenuto al Meeting di Rimini alla tavola rotonda 'Le strategie per la ricerca biomedica'
"In Italia si è fatto tantissimo per incentivare la ricerca biomedica". Soprattutto in un momento di crisi come questo, "la cosa più importante è investire in innovazione" e in questo senso "la spending review ha dato un messaggio molto positivo: i farmaci innovativi e i farmaci orfani" per la cura delle malattie rare "sono stati esclusi da alcune delle misure di taglio contenute nel decreto. Questa è la strada giusta, bisogna continuare a percorrerla".
Ne è convinto Stefano Portolano, amministratore delegato del gruppo farmaceutico americano Celgene in Italia, intervenuto al Meeting di Rimini alla tavola rotonda 'Le strategie per la ricerca biomedica'. Per sostenere concretamente chi opera in questo settore nel nostro Paese, spiega l'Ad, "è necessario far capire qual è la vera innovazione e incentivarla. Bisogna essere in grado di distinguere e di non fare di tutta l'erba un fascio. Solo così le industrie saranno stimolate a produrre innovazione reale, piuttosto che farmaci o tecnologie più o meno simili a ciò che già esiste solo per conquistarsi una fetta di mercato". Il sostegno alla vera innovazione, precisa Portolano, si traduce in "nuove cure per i malati e a cascata in sviluppo e posti di lavoro".
"Celgene ha investito e investe tanto in Italia", continua l'amministrare delegato. "Negli studi clinici siamo spesso il primo Paese per numero di pazienti reclutati, e il fatto che la spending review abbia premiato i farmaci orfani e gli innovativi ci permetterà di continuare a credere nell'Italia". Una piazza su cui vale la pena di puntare, tiene a evidenziare Portolano, anche per "la grande eccellenza di medici e operatori in particolare nel settore ematologico in cui ci muoviamo".
"Oggi - prosegue Portolano - in Italia è possibile fare ricerca clinica in maniera rapida e con una qualità elevatissima. Non abbiamo nulla da invidiare ad altri Paesi europei, e nemmeno agli Stati Uniti". Restano tuttavia margini di miglioramento.
"Quello che si può fare, per esempio - spiega l'Ad di Celgene Italia - è accelerare i tempi di approvazione degli studi clinici, magari razionalizzando la rete dei comitati etici che forse è ancora troppo frammentata. Inoltre, si può migliorare la contrattualistica. Ancora oggi, infatti, dovendo fare uno studio clinico multicentrico, bisogna stabilire un contratto con ciascun ospedale e questo è forse un punto che potrebbe essere velocizzato, in modo da accelerare i tempi della ricerca farmaceutica degli ospedali italiani".
C'è poi "un grande spazio di miglioramento" nell'iter registrativo dei nuovi farmaci. "Oggi bisogna aspettare circa un anno per lanciare sul mercato nazionale un prodotto già approvato dall'agenzia europea Ema, anche se nel comitato farmaci dell'ente Ue c'è un membro italiano". Per 'sburocratizzare' il percorso e velocizzarlo "si può fare molto - conclude Portolano - a livello sia di Agenzia italiana del farmaco (Aifa) sia delle singole Regioni. I farmaci realmente innovativi e i medicinali orfani dovrebbero poter essere resi disponibili immediatamente, senza ulteriori valutazioni".