Sigarette vietate a tutti i nati dopo il 2000. Lo Stato individua una generazione simbolica e decide di sostituirsi alle scelte dei cittadini.
I n Australia, la lotta contro il fumo sta diventando piuttosto aggressiva, con una sorta di attacco finale. Dopo aver ottenuto la vendita di pacchetti di sigarette senza marchio, tutti uguali, in cui resterà evidente solo la minaccia di morte, ecco un'altra notizia che arriva dalla regione della Tasmania. Il Parlamento si appresterebbe ad approvare una proposta che è definita più o meno così: la generazione del 2000 senza più fumo. E per 2000 si intende proprio l'anno, non il simbolo del millennio. In pratica, tutti coloro che sono nati da quell'anno in poi non potranno più fumare, neanche quando avranno raggiunto la maggiore età (quindi dal 2018). Sarà proibito dalla legge (se il programma proposto si trasformerà davvero in legge). Sarebbe un atto senza precedenti, piuttosto violento, ma di quella violenza precisa che soltanto coloro che vogliono salvare l'umanità possono mettere in pratica.
Ora, tutto questo potrebbe accadere in una regione lontana di uno stato lontano di un continente lontano. Ma già il brand unico è stato un precedente recente che è stato immediatamente preso in considerazione dal resto del mondo. In pratica, gli Stati finora hanno adottato con più o meno convinzione (al netto dei benefici economici dei monopoli) una politica di scoraggiamento, sempre più minacciosa. Adesso, verrebbe proposto un passo in più, che vorrebbe assomigliare a qualcosa di definitivo: una data che è una linea di demarcazione al di là della quale non si potrà più compendiare nella propria quotidianità l'atto di accendersi una sigaretta. Un trentenne potrà farlo, un ventenne no. E man mano che il tempo passerà, le generazioni senza fumo saranno sempre di più, e quindi probabilmente le sigarette spariranno (questo è l'obiettivo, non certo segreto). Lo Stato, quindi, sceglie una generazione simbolica, una data di inizio dell'era moderna, e decide di sostituirsi alle libere scelte dei cittadini. Non si può più scegliere liberamente di farsi del male, di rischiare la vita. Sarà, appunto, proibito.
È una carta nuova, estrema - e allo stesso tempo antica. Perché in pratica sembra riproporre il proibizionismo americano degli anni Venti, in cui veniva bandita la vendita e il consumo di alcol - il proibizionismo esiste ancora, in gran parte del mondo, per quasi tutte le sostanze stupefacenti. Ma si sa, le sigarette hanno una storia diversa, più simile a quella dell'alcol. Sono state amate, tollerate. Hanno avuto una storia familiare, sociale, positiva. E poi, pian piano, con la scoperta delle conseguenze, si sono ritirate molto lentamente dal contesto sociale, e oggi i fumatori non ricordano quasi più che accendevano sigarette a tavola con i figli, al cinema, al ristorante. Le sigarette, come l'alcol, non sono state il consumo di pochi o un simbolo generazionale, ma sono state accettate, fino a un certo periodo della storia, nella vita quotidiana. E a proposito di generazioni, fino a non molto tempo fa erano ancora una prova di crescita, di virilità, di indipendenza, di rito collettivo.
Adesso, la legge vorrebbe intervenire con un atto definitivo. Il proibizionismo americano alimentò un mercato sotterraneo, perfino un'epica dell'alcol, e alla fine lo Stato si arrese all'evidenza. Ma non aveva adottato la linea di demarcazione generazionale. È questo il quesito interessante e pieno di dubbi; visto che il programma non nasce per punire i ribelli, ma per ottenere un risultato definitivo. La legge riuscirà a spezzare il passaggio di un vizio da una generazione all'altra? Insomma: i giovani dovranno, per legge, diventare più virtuosi, non farsi del male. Cosa accadrà se si ribelleranno?
Francesco Piccolo