A Washington il summit per la lotta all'Hiv. Ora si può convivere con il virus.

VALENTINA ARCOVIO

Tante speranze per arginare l'epidemia di Aids, ma ancora tanta preoccupazione per i nuovi contagi e per lo sviluppo di resistenze ai farmaci contro l'Hiv. E' tra luci e ombre che si è aperto ieri a Washington il XIX Convegno Mondiale per la lotta Aids, dove oltre 20mila tra esperti e sieropositivi si sono riuniti per fare il punto sui progressi raggiunti e sullo stato della terapia per arginare la diffusione del virus.

La comunità scientifica è convinta di essere di fronte a una svolta: «La medicina ha fornito gli strumenti necessari a ridurre drasticamente le nuove infezioni da Hiv, anche se non ha trovato il vaccino, e ora tocca ai Paesi utilizzarli», ha dichiarato Anthony Fauci, tra i principali esperti mondiali della malattia. Ma a rovinare la festa - segnata dal ritorno, dopo 21 anni, del simposio organizzato dall'International Aids Society, grazie alla rimozione da parte dell'amministrazione Obama del controverso bando che vietava l'ingresso negli Usa ai sieropositivi i dati diffusi da uno studio pubblicato su «Lancet». Stando ai risultati, le resistenze ai farmaci contro il virus dell'Hiv, soprattutto nei Paesi dell'Africa sub-sahariana, sarebbero in aumento. In Africa orientale, ad esempio, si è registrato un tasso di aumento pari al 29% all'anno, mentre in Africa meridionale il tasso è a quota 14 per cento.

Neanche Gran Bretagna e Usa ne escono indenni: secondo i ricercatori, l'aumento delle resistenze ai farmaci è salito attorno al 10%. Negli Usa, in particolare, si aggiunge anche il preoccupante dato secondo cui sono in aumento le infezioni fra i giovani di colore omosessuali e bisessuali con percentuali paragonabili a quelle dell'Africa sub-sahariana.

Rincara la dose anche Ignazio Marino, presidente dell'organizzazione non profit che si occupa di assistenza sanitaria di base nella Repubblica Democratica del Congo. «Qui in Congo meno del 15 per cento dei pazienti che necessita di terapia antiretrovirale la riceve - dice -. Solo l'11% delle strutture sanitarie offre il trattamento e meno del 6% di madri sieropositive ha accesso ai farmaci antiretrovirali per prevenire la trasmissione dei virus ai loro bambini».

Ma qualche segnale di ottimismo c'è, eccome. «I progressi fatti contro la pandemia sono enormi - commenta il senatore - e i nuovi dati forniti dalle Nazioni Unite sono straordinari. Una decade di trattamenti antiretrovirali ha trasformato l'Hiv da condanna a morte in malattia cronica gestibile con successo. C'è la concreta opportunità di eliminare del tutto la trasmissione del virus dalle madri ai neonati nei prossimi tre anni e di raggiungere l'obiettivo di assicurare i farmaci antiretrovirali a 15 milioni di persone entro il 2015».

Attualmente sono 34,2 milioni le persone che vivono con il virus Hiv nel mondo e, nonostante il numero di nuovi contagi stia lentamente calando, ogni anno sono 2,5 milioni i nuovi casi registrati.

L'anno scorso nel mondo sono stati investiti 16,8 miliardi di dollari contro l'Aids nelle nazioni povere, le più colpite. Tuttavia ci vorrebbero ancora 7 miliardi per raddoppiare entro il 2015 il numero persone che ricevono i farmaci per sopravvivere, attualmente otto milioni.

Buone notizia, infine, arrivano da uno studio made in Italy pubblicato su Pnas, e che verrà presentato nei prossimi giorni a Washington. Si tratta della scoperta, firmata da ricercatori dell'Ospedale e dell'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, di un meccanismo in grado di smascherare il virus dell'Hiv, che rimane nascosto nelle cellule e che in pratica diminuisce l'efficacia dei trattamenti.

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