In una sua ricerca del giugno 2011, la Kauffman Foundation ha osservato come la velocità di crescita dell'occupazione negli USA sia andata via via diminuendo nel corso degli ultimi 30 anni. È passata da un 3,5% medio annuo negli anni '80 a un valore medio del 2,6% nel primo decennio del nuovo millennio. Poiché la stessa Kauffman aveva dimostrato, in un'altra sua ricerca del 2010, che l'incremento di occupazione negli USA era dovuto interamente alle aziende di nuova costituzione, cioè alle startup, i ricercatori hanno focalizzato la loro attenzione su tali nuove realtà imprenditoriali, per verificare se i dati ad esse relativi permettessero di spiegare l'osservato trend negativo.

Le informazioni raccolte hanno dimostrato che, a partire dal 2006, il numero di nuove aziende nate ogni anno negli USA ha iniziato a decrescere e che contemporaneamente è diminuito il numero di persone che queste impiegano. In altri termini, nascono meno startup e quelle che nascono sono "più piccole".

Personalmente ritengo che la ricerca della Kauffman presenti diversi spunti di riflessione per chiunque si interessi di politiche imprenditoriali nel nostro paese, ma in questo post mi vorrei soffermare rapidamente solo su tre di questi spunti di riflessione:

1. Raccogliere dati è imperativo (se si vogliono definire politiche basate sui fatti)

I ricercatori della Kauffman osservano che il focus sui dati USA è dovuto essenzialmente ad una complessiva mancanza di dati sulla realtà europea ("there are limited data of the type we studied available for study in Europe ? very few other countries have the capabilities to track business dynamics sufficiently to capture some of these trends").

La mancanza di tali dati è da sola sufficiente, credo, a dimostrare il ritardo del nostro continente sui temi dell'innovazione dell'imprenditoria nel suo complesso. Ritardo che coinvolge tutti, dalle istituzioni ai media, dalle associazioni di categoria agli istituti di ricerca universitaria.

Per quanto riguarda l'Italia, poi, l'assenza di tali dati è ancora più grave dal momento che si fa un gran parlare di come dare sostegno all'innovazione. In tali condizioni, infatti, il rischio che si corre è ancora una volta quello atavico del nostro paese: molte chiacchiere basate su pii desideri, ma prive di qualunque evidenza fattuale.

2. Senza metodi coerenti e concordati di raccolta e processamento dati non è possibile avere una visione comune dei problemi (e quindi procedere alla loro soluzione)

La ricerca della Kauffman è basata su dati che arrivano da diversi uffici statistici governativi e che, su alcuni punti, mostrano delle differenze significative che potrebbero indurre valutazioni diverse dello stesso fenomeno. I ricercatori americani sembrano stupefatti di queste discrepanze, tanto da sollecitare gli studiosi a cercare di capire come ciò sia possibile.

Purtroppo tale stupore mi sembra di una ingenuità disarmante: in Italia siamo, dal dibattito pubblico alla semplice riunione di lavoro, già adusi ad un confronto in cui, sempre più spesso, ogni dato fornito da una parte è contestato dall'altra. Tutto ciò con il risultato che, venendo a mancare ogni possibile visione condivisa dei problemi a cui si va incontro, le parti si trovano a divergere non solo sulle politiche proposte per la soluzione dei problemi comuni, ma anche su quali siano questi problemi a cui bisognerebbe dare una soluzione.

Da questo punto di vista mi sembra che il problema a cui i ricercatori USA fanno riferimento nasca non solo dalla crescente complessità dei fenomeni che si vogliono analizzare, ma anche da una generale tendenza all'uso sempre più in linea con i propri interessi dei sistemi di raccolta e analisi dei dati, soprattutto da parte delle agenzie che hanno a che fare con l'amministrazione pubblica.

3. I figli rassomigliano più ai loro tempi che ai loro padri (antico proverbio arabo), ovvero le politiche di crescita occupazionale devono prevedere l'incremento di startup da far nascere durante periodi di ripresa economica

Un'altra interessante osservazione dei ricercatori della Kauffman è che le aziende che nascono nello stesso periodo tendono, indipendentemente dalle differenze dei mercati nei quali operano, ad avere una dinamica occupazionale simile. In particolare, le startup che nascono in periodi di crisi tendono ad avere un numero inferiore di lavoratori anche quando le condizioni di mercato migliorano.

Si tratta di una conclusione che, alla luce della perdurante crisi recessiva che grava sul nostro paese, preoccupa non poco. Uscire dalla crisi, secondo quanto emerge dalla ricerca della Kauffman, richiederebbe non solo una rapida implementazione di politiche per lo sviluppo economico, ma anche che tali politiche considerassero essenziale il favorire la nascita di startup durante la fase di ripresa. Tale approccio costituirebbe una novità rispetto alle tradizionali scelte che sono spesso incentrate sul fornire supporto alla crescita occupazionale delle aziende già esistenti e che invece, come dimostrato dalla Kauffman, possono solo marginalmente contribuire alla crescita dei posti di lavoro.

Chiudo questo post osservando ancora una volta che gli elementi di riflessione indotti dalla lettura della ricerca della Kauffman vanno ben oltre gli spunti qui presentati ed invito chiunque abbia interesse per questi temi a leggere il report prodotto dai ricercatori americani (che, come sempre, è di agevole lettura per tutti) e a discuterne ampiamente non solo sul Web.

Roma, 21 agosto 2012
AUGUSTO COPPOLA

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