La denuncia arriva dall'Unicef. Oltre 250mila maliani hanno lasciato il Paese per fuggire ai combattimenti interni e alla fame. Ed è proprio l'emergenza alimentare a spingere i minori a farsi reclutare nell'esercito.

di VALERIA FRASCHETTI

Messaggeri, sentinelle, cuochi, portatori e, soprattutto, combattenti. Questo diventano i bambini nel Nord del Mali, sempre più spesso reclutati dai gruppi armati che dalla fine di marzo hanno sottratto quasi due terzi del territorio nazionale al governo.

La denuncia arriva dall'Unicef, che ha chiesto a "tutte le parti in causa, leader e membri della comunità, di garantire che i bambini siano protetti dal conflitto armato e che non partecipino alle ostilità". Già a luglio, l'agenzia delle Nazioni Unite aveva segnalato il  problema, indicando che almeno 175 ragazzi, tra i 12 e i 18 anni, erano associati direttamente ai gruppi armati. Gruppi che, tra le sabbiose aree del Sahel che per secoli hanno custodito gli splendori di Timbuctù, si possono ricondurre a due nomi: Ansar Dine (Difensori dell'Islam), il gruppo islamista affiliato ad Al Qaeda del Maghreb islamico (Aqmi), e il Movimento per l'unicità e la jihad in Africa occidentale (Mujao).

Dopo aver sconfitto l'esercito del Mali con l'aiuto del fervore indipendentista dei tuareg, imposto la sharia (legge islamica) e devastato svariati mausolei protetti dall'Unesco, ora questi gruppi armati si danno al reclutamento dei bambini. Un'attività vietata dalla legge internazionale nei confronti dei minorenni e che equivale a un crimine di guerra e contro l'umanità se le vittime hanno meno di 15 anni.

Eppure, stando a "fonti attendibili" consultate dall'Unicef, i piccoli "impiegati a fini militari" si contano a centinaia e sembrano in aumento. Bambini-soldato e non solo, perché utilizzati anche come aiuto-cuochi e portatori, ad esempio. E non tutti vengono arruolati con la forza: alcuni, semplicemente, sono spinti dalla fame. "Molti - ha raccontato da Ginevra uno dei portavoce dell'Unicef - si recano volontariamente dalla milizie per chiedere lavoro, costretti da situazioni familiari di estrema povertà".

Oltre alle violenze, infatti, il problema più grosso in Mali è l'emergenza umanitaria. Si stima che siano oltre 250mila i cittadini che hanno lasciato il Paese per via dei combattimenti fra truppe governative e ribelli indipendentisti e a causa del colpo di Stato di marzo e che siano quasi 175 mila gli sfollati interni. Una situazione drammatica, esacerbata dalla grave insicurezza alimentare che flagella il Sahel.

Non solo al Nord, ma in tutto il Mali sarebbero oltre 4,6 milioni le persone che soffrono la fame, tra cui 700 mila bambini al di sotto dei 5 anni. Ad assisterli c'è la Croce Rossa Internazionale che, con l'aiuto della Croce rossa maliana, a luglio ha distribuito aiuti alimenti a circa 120 mila persone nelle regioni di Gao e Timbuctù. Nelle prossime settimane l'organizzazione conta di raggiungere altre 36 mila cittadini nell'area di Kidal.

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