Mercato e Libertà - 20 agosto 2012
Pubblichiamo un intervento di Carlo Ludovico Cordasco:
Mario Monti ha recentemente sottolineato come l'evasione fiscale costituisca uno dei principali problemi italiani con riferimento a: tensioni sociali e reputazione internazionale. In questo articolo cerco di occuparmi di evasione in termini di teoria della giustizia.
In particolare, propongo un semplice argomento morale che va nella seguente direzione: a. L'evasione fiscale è in massima parte una pratica moralmente reprensibile, b. Vi sono circostanze in cui evadere può essere considerato legittimo, c. Vi sono circostanze in cui evadere è l'unica scelta moralmente corretta.
Un punto di vista molto diffuso tra i liberali/libertari nel liquidare la questione tasse è il seguente: il mio corpo è mia proprietà, il mio lavoro non è altro che il frutto delle attività del mio corpo, il frutto del mio lavoro è mia proprietà e sono l'unico a poter scegliere come disporne.
Se scegliessimo questa soluzione ?thin' non vi sarebbe nulla di veramente problematico nel ragionamento morale; avremmo una proxy per risolvere tutte le questioni concernenti la (non) produzione di beni pubblici.
Sfortunatamente, questo approccio ha una serie di problemi irrisolti, e tendenzialmente irrisolvibili: a. Non si capisce quale sia l'origine di un eventuale diritto ?naturale' di proprietà sul corpo (da cristiano, ad esempio, farei davvero fatica a concepirlo), b. Non si preoccupa di considerare gli agenti come ?free and equal', nella misura in cui ignora il ruolo che l'autonomia riveste nel processo di deliberazione (individui che conoscono la propria posizione nell'ordine politico saranno influenzati dalle posizioni di potere nella contrattazione delle norme che regolano la vita associata). c. Produce outputs tendenzialmente sub-ottimali nella misura in cui impedisce l'uso della coercizione per produrre beni che il mercato non è in grado di produrre con la stessa efficienza.
Un punto di partenza diverso potrebbe derivare, seguendo Rawls, dall'idea di agenti liberi ed eguali che in condizione di parziale ignoranza devono definire i caratteri istituzionali di un ordine politico. Tutti gli agenti hanno convinzioni di natura morale differente circa la definizione di giusta distribuzione delle risorse, ma tutti sono perfettamente ignoranti riguardo al ruolo che ricopriranno all'interno dell'ordine politico.
L'approccio rawlsiano al problema dell'ordine politico risolve parecchi dei problemi concettuali dell'approccio ?thin': a. la proprietà del corpo è irrilevante nel determinare la scelta delle norme generali ed astratte che governano un ordine politico, b. Elimina le asimmetrie informative e le posizioni di potere che altrimenti influenzerebbero un ipotetico contratto sociale.
Quali norme sceglieremmo sotto velo d'ignoranza? Quale livello di tassazione? Quale tolleranza per gli evasori?
Contrariamente a quanto hanno creduto in passato tanti rawlsiani, la soluzione non è unica. Vi è piu di una struttura di base che può emergere da decisioni prese sotto velo d'ignoranza da individui liberi ed eguali. Ciò che è certamente ragionevole sostenere, con riferimento a tasse ed evasione, è che, individui eguali, con convinzioni morali differenti, e totale ignoranza rispetto ai talenti che svilupperanno e alle posizioni che ricopriranno all'interno di una società, si accorderebbero per: a. rinunciare ad una definizione preistituzionale di merito secondo la quale distribuire le risorse, b. una struttura di base che garantisca una allocazione ottimale delle risorse attraverso il libero mercato, c. la produzione pubblica di quei beni che non possono essere ottimamente prodotti dal mercato, tenendo però conto dei meccanismi spontanei che generano sub-ottimalità di lungo periodo (i.e. può essere conveniente rinunciare alla produzione di alcuni beni pubblici se ciò conferisce troppo potere allo stato), d. una safety-net in ragione del fatto che i talenti sviluppati dagli individui sono semplice frutto della fortuna. In questo senso, se è comunque ragionevole affidarsi al mercato libero per una allocazione efficiente delle risorse, abbandonando l'idea di una distribuzione fondata su definizioni pre-istituzionali di merito, è certamente ragionevole sostenere che, individui sotto velo d'ignoranza, si accorderebbero per una rete di salvataggio cui tutti devono/vogliono contribuire.
Abbiamo trovato una giustificazione morale per l'esistenza dello stato e di un meccanismo di tassazione e redistribuzione. Secondo quanto abbiamo detto, pagare le tasse è nient'altro che un impegno preso da un individuo sotto velo d'ignoranza, in ragione del fatto che egli stesso trova conveniente stipulare l'accordo. In questo senso, chi non paga le tasse tratta l'individuo come mezzo e non come fine, non rispettando i patti precedentemente contratti.
Abbiamo, dunque, definito uno stato di cose in cui l'evasore non è solo moralmente reprensibile, ma, con tutta probabilità, penalmente condannabile. E', infatti, ragionevole supporre che individui sotto velo di ignoranza prenderebbero in seria considerazione l'idea di punire fisicamente comportamenti da ?defector' di questa gravità, sia per ragioni retributive sia per il buon funzionamento dell'ordine nel lungo periodo (può darsi che il costo reputazionale per il defector sia irrilevante considerato il guadagno che ricava dalla sua condotta).
Nel contesto appena descritto non vi è alcuna ragione morale che possa supportare l'evasione fiscale.
La situazione cambia quando: a. lo stato, attraverso il prelievo fiscale, produce beni che potrebbero essere prodotti in maniera piu efficiente sul mercato, b. lo stato non produce i beni che dovrebbe produrre, c. lo stato regola la vita associata attraverso norme che, manifestamente, non verrebbero scelte sotto velo d'ignoranza.
In questo caso, come valutare l'opportunità di pagare o meno le tasse?
Due scenari possibili: a. lo stato viola il contratto sociale nelle modalità sopra descritte, e i contribuenti, non influenzano gli equilibri istituzionali scegliendo di contribuire o evadere; b. Il contribuente, contribuendo, favorisce le dinamiche spontanee che conducono lo stato a mantenere o incrementare il proprio potere continuando a perpetrare violazioni del contratto sociale.
Questi due casi configurano due riflessioni morali estremamente differenti: nel primo caso la condotta di evasore è da meramente considerarsi ?legittima', nel secondo è da considerarsi ?giusta'.
Ovviamente si tratta di un argomento abbozzato, che potrebbe essere raffinato in corso d'opera. In particolar modo, volendo indirizzare i commenti, cosa cambiereste dei punti che ho supposto essere scelti dagli individui sotto velo d'ignoranza?
Carlo Ludovico Cordasco, phd student in political theory all'Università di Sheffield. Fondatore di European Students For Liberty, autore di articoli scientifici su diritto e ordine spontaneo. Ha in corso di pubblicazione un libro dal titolo: Hayek: ordine, istituzioni e regole.
Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/blogs/mercato-e-liberta/evasione-fiscale-e-contratto-sociale#ixzz245osixjQ