di Roberto Satolli
Il gigante GlaxoSmithKline ha ammesso di avere fatto promozioni false e omissive dei suoi prodotti ed è stato multato. Ma non è un caso isolato, anzi. E spesso i medici sono complici.
La farmaceutica britannica Glaxo Smith Kline deve pagare negli Usa una multa da 3 miliardi di dollari, per la continuata promozione con mezzi illegali di alcuni suoi farmaci, tra cui gli antidepressivi Paxil e Wellbustrin, e soprattutto l'antidiabetico Avandia (rosiglitazione, ora non più in commercio in Europa). La società ha ammesso la colpevolezza per tutte le accuse penali dell'inchiesta, tra cui quella di aver nascosto per anni che Avandia anziché proteggere il cuore poteva danneggiarlo e di aver foraggiato con milioni di euro le prescrizioni dei medici.
I responsabili della multinazionale commentano la vicenda come qualcosa che appartiene al passato: «Cose del genere non succederanno più». Dal canto loro gli esponenti della giustizia e della sanità Usa esultano, dichiarando che iniziative come questa (tutt'altro che isolate: a maggio Abbot è stata multata per 1,6 miliardi di dollari e entro l'anno si prevede per Johnson & Johnson una cifra di 2 miliardi) dimostrano la volontà della pubblica amministrazione di tutelare sempre meglio la salute dei cittadini.
In realtà, costi di questo genere sono già messi in bilancio dalle multinazionali, perché il marketing aggressivo, lecito o illecito, produce profitti enormi, che li ripagano abbondantemente. Il "New York Times" calcola che nel decennio in cui si sono svolte le attività illegali di Gsk, la stessa ha incassato circa 28 miliardi di dollari per i tre farmaci in questione. E se l'industria fa il suo mestiere (ma nessuno per vendere è obbligato a delinquere), le agenzie che dovrebbero vigilare non fanno il loro: nel caso di Avandia, come di altri antidiabetici, si sarebbe dovuto pretendere garanzie maggiori su sicurezza e reale utilità nel prevenire gli infarti e gli ictus che il diabete favorisce.