Il re dei duty free shop ha investito l'intero patrimonio in aiuti in tutto il mondo.

PAOLO MASTROLILLI

C' è un miliardario, in America, che non vede l'ora di restare senza un centesimo in tasca. Il suo sogno è regalare tutti i propri soldi in beneficenza, e vedere l'ultimo assegno firmato che torna indietro per mancanza di fondi. Perché? Semplice: «Al mondo ci sono un sacco di problemi, che vanno affrontati prima che diventino troppo costosi. Se hai i soldi, li spendi. E quando li hai spesi tutti, lasci che qualcun altro si faccia avanti per spendere i propri».

Questo signore si chiama Charles Feeney e la sua storia è finita sul New York Times, anche se per anni ha custodito la propria privacy con grande gelosia, nella speranza di restare anonimo fino alla fine. Charles ha 81 anni ed è nato in una famiglia della classe media ad Elizabeth, il grande porto commerciale del New Jersey davanti a Manhattan. Da ragazzo aveva prestato servizio come operatore radio nell'Air Force, e al ritorno aveva approfittato del G.I. Bill, la legge che pagava l'università ai reduci, per iscriversi alla Cornell University. Aveva iniziato a lavorare vendendo alcolici ai marinai nei porti, e aveva finito per costruire un impero internazionale di negozi duty free negli aeroporti di mezzo mondo. Così aveva accumulato una fortuna che ne aveva fatto uno degli uomini più ricchi d'America.

In silenzio, aveva deciso che quei soldi non significavano molto per lui, se non fosse riuscito a metterli al lavoro in favore di qualche buona causa. Così nel 1982 aveva creato la Atlantic Philanthropies, cui non aveva girato solo una parte del suo capitale, ma l'intera proprietà della propria azienda. Aveva lasciato fuori un po' di soldi per i suoi cinque figli, quattro femmine e un maschio, che comunque avevano dovuto studiare, laurearsi, e anche lavorare come cameriere, donne delle pulizie e cassiere, per mantenersi all'università. Lui si era accontentato di un appartamento anonimo a midtown Manhattan, vestiti acquistati ai grandi magazzini, e biglietti in classe economica quando girava per il mondo a sostenere le proprie cause. Tutto il resto, cioè 7,5 miliardi di dollari, era finito nelle casse della sua fondazione.

Per anni nessuno ha saputo che esistesse, perché aveva stabilito la sede sociale alle Bermuda, proprio per evitare di rivelare alle autorità americane la sua identità e ottenere i vantaggi fiscali della beneficenza. Però aveva investito in cinque continenti, finanziando assistenza sanitaria diretta, istruzione, giustizia criminale, riforme dell'immigrazione, iniziative di pace, campagne per l'eguaglianza dei matrimoni e contro la pena di morte. Il suo nome era sconosciuto, ma c'era la sua mano dietro ai processi per fermare i conflitti in Sudafrica e nell'Irlanda del Nord - terra d'origine della sua famiglia - , dove lui aveva messo i soldi per pagare il passaggio dalle azioni paramilitari alla costruzione di sistemi politici costituzionali.

Nel 1997 Atlantic Philanthropies ha venduto il business dei duty free shop, e quindi Feeney è stato costretto a rivelare il suo nome, perché doveva firmare le carte. Ne è venuto fuori un libro dedicato alle sue avventure, «The Billionaire Who Wasn't», e soprattutto l'encomio pubblico di Warren Buffett, che lo ha definito il «leader spirituale» della campagna per convincere i ricchi a fare beneficenza.

Finora Feeney ha regalato sei miliardi di dollari. Gliene resta uno e mezzo, che intende dare via entro il 2020, quando ha previsto di chiudere Atlantic Philantropies per esaurimento dei fondi. Quando questo avverrà, diventerà la più grande fondazione che ha speso tutto il suo capitale: «Non vedo l'ora - ha confessato Feeney al Times - di firmare il mio ultimo assegno. A vuoto».

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