di Gerardo Pelosi
Parole sul ruolo dei Parlamenti e la leadership dei Governi nazionali nei negoziati sull'Eurozona. Parole ripetute tante volte, negli ultimi mesi, da chi ha trascorso dieci anni a Bruxelles modificando progressivamente il suo profilo da economista-tecnocrate in politico-diplomatico. Ma parole - quelle di Mario Monti - che, affidate al tedesco Spiegel, hanno acceso una miccia a rapida combustione provocando dure reazioni in quella parte della politica tedesca (liberali, Csu e Spd) più apertamente antieuropea.
Così a un anno esatto (era il 5 agosto del 2011) dalla lettera inviata da Jean Claude Trichet e Mario Draghi all'ex premier, Silvio Berlusconi, per dettare le condizioni di salvataggio di un Paese sull'orlo della bancarotta, settori dell'opinione pubblica tedesca e dei partiti (ma non apertamente la cancelleria), sempre più sospettosi per lo stretto "gioco di squadra" Monti-Draghi volto ad ottenere "misure non convenzionali" a favore dei Paesi virtuosi penalizzati da tassi troppo alti, hanno alzato la voce in difesa delle prerogative dei Parlamenti nazionali. Un coro che ha costretto, nella serata di ieri, lo stesso Monti a chiarire il suo pensiero. Secondo il presidente del Consiglio, per compiere passi avanti dell'integrazione europea, «è necessario che si mantenga un costante e sistematico dialogo fra Governo e Parlamento». Infatti, ha chiarito il premier in una nota diffusa da Palazzo Chigi, «nel corso dei negoziati tra Governi a livello di Unione europea, può rivelarsi necessaria una certa flessibilità per giungere ad un accordo, da esercitarsi sempre nel solco di sceltecondivise con il proprio Parlamento». «In questa ottica - ha aggiunto Monti - ritengo che ogni Governo abbia il dovere di spiegarsi e interagire in modo dinamico, trasparente ed efficace con il Parlamento, in maniera da individuare soluzioni, ove opportuno anche innovative e coraggiose, verso un comune obiettivo europeo».
Nell'intervista allo Spiegel, Monti aveva detto che «se i Governi si facessero vincolare del tutto dalle decisioni dei loro Parlamenti, senza mantenere un proprio spazio di manovra, allora una disintegrazione dell'Europa sarebbe più probabile di un'integrazione». Come paradosso Monti aveva anche ricordato che se, nel giugno scorso, avesse dovuto prendere alla lettera la posizione del Parlamento sugli eurobond non avrebbe potuto dare il consenso italiano alle decisioni dell'ultimo vertice Ue sullo scudo anti-spread.
Ma le parole di Monti sui condizionamenti dei Parlamenti non sono affatto piaciute ai "falchi" della coalizione di maggioranza, i liberali dell'Fdp e i bavaresi della Csu. Di «attacco alla democrazia» ha parlato il segretario generale della Csu, Alexander Dobrindt: «Noi tedeschi non siamo pronti a cancellare la nostra democrazia per finanziare i debiti italiani», ha detto. Per il capogruppo liberale, Rainer Bruederle, bisogna «fare attenzione» che nel necessario processo di riforme «l'Europa rimanga sufficientemente legittimata dal punto di vista democratico». Sul portafoglio dei tedeschi punta invece l'euroscettico liberale Frank Schaeffler, secondo cui «Monti vuole risolvere i suoi problemi facendoli pagare ai contribuenti tedeschi». Ma le critiche a Monti sono arrivate anche da sinistra: il vice capogruppo socialdemocratico, Joachim Poss, ha affermato che «l'accettazione dell'euro ed il suo salvataggio sono rafforzati dai Parlamenti nazionali e non indeboliti».
Il controllo parlamentare della politica europea è fuori discussione, ha detto il ministro degli Esteri tedesco, Guido Westerwelle, secondo il quale «i tentativi di rafforzare la propria posizione in patria non possono essere la forza che guida l'azione di un paese in Europa, e questo vale anche per la Germania». Al coro di critiche non si è associata Angela Merkel. Un portavoce della cancelleria ha tuttavia fatto sapere che «il cancelliere tedesco non condivide i timori di una rottura dell'Eurozona espressi nell'intervista da Monti. Il cancelliere invita anche a una "maggiore calma" nel dibattito politico sulle risposte alla crisi e, a proposito dell'apertura della Bce all'acquisto di titoli di Stato dei paesi in difficoltà, afferma che il governo tedesco non ha il minimo dubbio che tutto ciò che la Bce sta facendo o farà rientri nel suo mandato».