In sei mesi i prestiti calano di 7,9 miliardi, ma la domanda cresce del 4,2%. E il Crif consiglia di andare all'estero.
di Massimo Morici
Se lo Stato ha deciso di chiudere i rubinetti al ceto produttivo, per gli imprenditori la via obbligata è quella che porta ai privati. Le banche, però, oggi ci pensano più di una volta prima di concedere un finanziamento, nonostante il loro mestiere sia appunto quello di prestare denaro.
E non solo per una maggiore selettività e rigorosità del mercato del credito, come chiesto di recente dal governatore di Palazzo Koch, Ignazio Visco. Escluso aprile, quando i finanziamenti hanno segnato un +0,8%, da ottobre dello scorso anno a maggio 2012 i prestiti bancari alle imprese hanno registrato sette segni meno consecutivi.
Eppure proprio nello stesso periodo le banche italiane hanno ricevuto dalla Bce, al modesto tasso dell'1%, circa 255 miliardi. Soldi che, oltre a consolidare gli istituti e a placare lo spread, sarebbero dovuti arrivare anche all'economia reale, e quindi alle imprese, ma che invece sembrano essersi fermati in filiale.
Gli istituti nostrani infatti fino ad oggi si sono riempiti di titoli di Stato, i cui acquisti sono aumentati di oltre 92 miliardi di euro da dicembre 2011 a maggio 2012 segnando un incremento del 44,3% (elaborazioni Cgia Mestre), e hanno pensato a rafforzarsi: a fine giugno i primi cinque istituti nostrani, eccetto Mps, sono riusciti a migliorare i propri indici patrimoniali con le proprie forze, come richiesto dall'Eba.
Quanto al terzo obiettivo, ha prevalso la riluttanza, forse per non incorrere in maggiori sofferenze (i debiti a rischio di insolvenza). Lo dimostrano le più recenti elaborazioni della Cgia di Mestre: il credito alle imprese è calato di 7,9 miliardi di euro (-0,8%) da dicembre 2011 a maggio 2012, mentre la Banca d'Italia ha registrato nel solo mese di maggio un calo dello 0,4%, il dato più basso dal luglio 2010 (allora la variazione annua fu del -0,8%, ultimo valore di una serie negativa iniziata a ottobre 2009).
Nonostante tutto, gli imprenditori non solo continuano a rivolgersi alle banche (+4,7% le richieste di finanziamento nel primo semestre, con un picco del 12% nel solo mese di giugno, secondo il Crif), ma chiedono addirittura più soldi: una cifra di poco superiore ai 45.000 euro nei primi sei mesi del 2011, rispetto ai circa 39.000 di un anno fa.
Peccato che questa domanda incroci "una sostanziale cautela da parte degli istituti di credito", spiega il Crif che segnala le difficoltà maggiori nelle imprese che non sono in grado di sostenere la competizione globale (prodotti a basso costo) e in quelle più fragili per capitalizzazione e dimensioni.
Secondo il presidente dell'associazione delle banche, Giuseppe Mussari, la realtà italiana è ben diversa: le banche nostrane in genere danno più soldi alle imprese rispetto a quanto accade fuori confine. Si tratta, a fine maggio, del 59% del totale dei finanziamenti ai privati rispetto 47,3% della media Ue.
Non mancano, poi, iniziative da parte degli istituti stessi, come quella della Banca europea per gli investimenti (BEI) e Intesa Sanpaolo che hanno stanziato 670 milioni di euro destinati a finanziare imprese italiane nel medio - lungo termine. Tuttavia si tratta di casi sporadici in un Paese in cui il mercato del credito appare per lo più ingessato.
Enrico Lodi, direttore generale Credit Bureau Services di CRIF, di recente ha spronato gli imprenditori a cercare di "internazionalizzare anche le fonti di finanziamento, approvvigionandosi su mercati più liquidi". Se dovessero dargli retta, potremmo assistere a un nuovo fenomeno nei prossimi mesi: quello del turismo creditizio.