Inserito nella "spending review" un provvedimento che obbliga il medico a indicare nelle prescrizioni il principio attivo al posto del nome commerciale del farmaco. Bene, nonostante l'allarmismo di Farmindustria. Per i cittadini resta la stessa libertà di scelta, mentre aumenta la possibilità di risparmiare e si mette un limite alle pressioni indebite delle aziende farmaceutiche sui medici.

Nel quadro della "spending review", ovverosia dei tagli per alleggerire la spesa pubblica, è stato inserito un provvedimento che obbliga i medici di base a prescrivere i medicinali con il nome del principio attivo, sia la prima volta che prescrivono un farmaco per una terapia cronica; sia quando prescrivono un farmaco per una terapia non cronica ed esistono diversi farmaci equivalenti.

Insomma, non scriveranno più, per fare un esempio, "Aulin", bensì "nimesulide". E in farmacia potremo scegliere il farmaco a base di nimesulide che costa meno. Per trovare il farmaco meno caro a parità di principio attivo, utilizza la nostra banca dati.

Spending review: Farmindustria protesta, Altroconsumo approva

Alte e immediate le proteste di Farmindustria, che sostiene che il provvedimento "esautori" il medico dalla scelta del farmaco. Ma perché il medico dovrebbe occuparsi della marca, quando quello che conta è il principio attivo? In realtà in questo modo il paziente è incoraggiato a scegliere il farmaco che costa meno, all'interno di quelli con lo stesso principio attivo. Il che si tradurrà, sperabilmente, in un aumento del consumo di generici.

Il cittadino resta comunque libero di continuare a prendere il farmaco di marca, pagando, come oggi, la differenza di prezzo. Da tempo il Servizio sanitario rimborsa soltanto il prezzo del generico: quindi dal punto di vista della libertà di scelta per il cittadino non cambia niente.

Risparmiare sui farmaci, non scaricare la spesa sui cittadini

Si tratta di un buon provvedimento, che Altroconsumo appoggia, da molti punti di vista:
- è meglio spingere il medico a usare il nome del principio attivo e non il nome di fantasia dei farmaci: questo aiuta il paziente a capire che cosa si sta assumendo, diminuisce il rischio di prendere lo stesso principo attivo attraverso farmaci diversi, rende il cittadino più consapevole;

- sono ottimi tutti i provvedimenti che incoraggiano a usare farmaci equivalenti (o generici) al posto dei farmaci di marca: ricordiamo che un farmaco equivalente acquistato in farmacia ha tutte le caratteristiche di sicurezza ed efficacia che hanno i farmaci di marca ed è prodotto e garantito esattamente allo stesso modo;

- sono ottimi i provvedimenti che incidono sulla spesa senza peggiorare la qualità della cura: e utilizzare maggiormente i farmaci equivalenti è certamente uno di questi.
Sorprende la dichiarazione del segretario della Federazione dei medici di famiglia (Fimmg), che sostiene l'inutilità del provvedimento, adducendo il motivo che già ora il Servizio sanitario rimborsa soltanto il prezzo del generico, lasciando il resto ai cittadini.

Per la Fimmg risparmiare o scaricare i costi sui cittadini è forse la stessa cosa?
Del resto, i dati parlano chiaro:  nel 2011 i cittadini hanno speso 1,32 miliardi di euro tra ticket e quota a carico del paziente in quanto hanno scelto (probabilmente quasi sempre senza un motivo clinico) la specialità di marca invece che il generico . Un aumento del 13.3% rispetto al 2010.

È necessario mettere un freno a questa tendenza.

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