Dal nostro corrispondente Alessandro Merli

Adesso per Mario Draghi viene il difficile. La settimana scorsa a Londra ha detto che «nei limiti del proprio mandato, la Banca centrale europea è pronta a fare tutto il necessario per salvare l'euro. E, credetemi, sarà abbastanza». L'immediato avallo dei leader dei più importanti Paesi dell'area euro indica che il presidente della Bce non si è mosso senza avere le spalle coperte, nonostante l'opposizione della Bundesbank. Giovedì, però, Draghi è atteso dai mercati finanziari al passo successivo, la "delivery", la conferma che non erano solo parole.

Le aspettative sono forti, ma gli stessi mercati non sanno bene cosa aspettarsi. Anche perché in nove mesi, il nuovo presidente della Bce li ha sorpresi in diverse occasioni.

L'Eurotower ha diverse opzioni disponibili, nessuna senza controindicazioni. Un'altra frase pronunciate da Draghi giovedì scorso, che «il rialzo degli spread danneggia il funzionamento del canale di trasmissione di politica monetaria», ha fatto pensare a molti alla possibile riattivazione degli acquisti di titoli del debito pubblico, il cosiddetto programma Smp, che proprio ieri la Bce ha confermato essere rimasto inutilizzato la settimana scorsa, per la ventesima volta consecutiva. Con quelle esatte parole, infatti, la banca ha giustificato in passato (nel 2010 soprattutto sui titoli greci, l'anno scorso su quelli italiani e spagnoli) i suoi interventi: in quanto la divaricazione del rischio Paese ha impedito che la politica monetaria avesse la stessa efficacia in tutta l'Eurozona.

In altri termini, un ribasso dei tassi non ha lo stesso effetto in Germania o in Francia che in Italia o in Spagna. L'economista di Goldman Sachs, Natacha Valla, ha mostrato questa settimana in uno studio come le banche italiane e spagnole fissino i tassi alla clientela non più sulla base dei tassi di politica monetaria, ma sugli spread sovrani. Draghi ha parlato di frammentazione del mercato finanziario dell'Eurozona, di cui si è avuto ieri un altro segnale: secondo Morgan Stanley, sulla base di dati Bundesbank, le banche tedesche hanno ridotto i prestiti ai Paesi della "periferia" ai minimi dal 2005.

Una ripresa del programma Smp è stata quindi considerata dai mercati come l'ipotesi più probabile. Ma a Londra Draghi ha aggiunto che la Bce non si sostituirà ai Governi: avendo questi dato la possibilità al fondo salva-Stati Efsf (e poi all'Esm) di intervenire sui mercati dei titoli di Stato, il cosiddetto meccanismo anti-spread, la Bce si aspetta che questo avvenga prima di impegnarsi nuovamente. Tra l'altro, gli interventi dell'Efsf implicano una condizionalità (chiedono cioè ai Governi destinatari impegni precisi), che non è presente nelle operazioni della Bce e quindi riducono l'azzardo morale, che si è in effetti verificato lo scorso anno.

Non appena la Bce ha cominciato a comprare titoli italiani, stabilizzando lo spread, il Governo di Roma ha sospeso ogni sforzo di riforma. Giovedì, Draghi potrebbe quindi ribadire di esser pronto a muoversi, ma di voler aspettare a farlo (sul mercato secondario) quando agirà l'Efsf (presumibilmente sul mercato primario, cioè in asta) o, ancora meglio, quando entrerà in funzione l'Esm. Sul più lungo termine, potrebbe essere discussa la concessione all'Esm di una licenza bancaria per ottenere risorse dalla Bce e aumentare quindi la sua "potenza di fuoco". Gli acquisti dell'Smp sono stati considerati in passato troppo limitati e fatti senza troppa convinzione (per l'opposizione Bundesbank), oltre che, dopo che la Bce ha rifiutato di partecipare alla ristrutturazione del debito greco, passibili di far fuggire gli investitori privati, che temerebbero di sopportare tutte le perdite.

Qualcuno sui mercati ipotizza quindi alcune varianti. Per esempio che la Bce stabilisca un tetto (dichiarato o no) sui rendimenti dei bond italiani e spagnoli, e regoli i suoi interventi di conseguenza. O addirittura che passi a una forma di quantitative easing tipo quella della Federal Reserve o della Banca d'Inghilterra. Ma in entrambi i casi la presumibile spaccatura del consiglio della Bce sarebbe assai più grave che sull'Smp, con danni forse irreparabili. Un'altra possibilità sono acquisti diretti, probabilmente da parte delle banche centrali nazionali, di obbligazioni emesse dal settore privato, banche o corporate, un mercato però, soprattutto quest'ultimo, limitato. La Bce potrebbe combinarla, secondo Valla di Goldman Sachs, con un ulteriore allentamento dei requisiti per il collaterale e nuova liquidità a lungo termine alle banche (Ltro). Al momento tuttavia un'altra Ltro, dopo il limitato successo delle precedenti, e dato che la liquidità è già abbondante, non sembra opzione che soddisfi le attese dei mercati.

Resta infine la possbilità della politica monetaria convenzionale: un nuovo taglio dei tassi dopo quello di luglio potrebbe essere la decisione meno controversa in seno al consiglio, con l'inflazione in rallentamento e l'economia in recessione. Ma la Bce potrebbe volersela riservare per settembre. Resta da vedere se, dopo le parole di Draghi della settimana scorsa, i mercati aspetteranno.

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