di Roberto Saviano
Sentire l'ultima dichiarazione di Rosy Bindi sul matrimonio gay è stato un duro colpo. Perché in democrazia chiunque vada al governo è chiamato a governare una molteplicità di minoranze. La rubrica integrale di Roberto Saviano.
Facciamoci caso. Nel nostro Paese c'è sempre un'urgenza di cui parlare e su cui scrivere che assorbe totalmente l'attenzione dei media. Al punto da far sembrare tutto il resto inutile, orpello alla realtà, trascurabile. Vivere una situazione mediatica di perenne emergenza ha creato danni irreparabili alla nostra democrazia. Primi responsabili i mezzi di comunicazione che abboccano spesso consapevolmente agli ami della politica e nutrono i cittadini con un'informazione monolitica, abituandoli a quella. L'assuefazione è tale che ogni digressione è percepita come distrazione: se ci si occupa d'altro si sta perdendo tempo.
Per anni ci siamo detti che la sinistra ha agito scimmiottando la destra, facendosi in qualche modo condizionare dalle politiche di Berlusconi. Che però non è più protagonista assoluto della scena politica da mesi: abbiamo un governo tecnico che a breve verrà sostituito da uno eletto dai cittadini. Con le elezioni alle porte, i partiti dovrebbero iniziare a fare i conti con il proprio elettorato, invece fanno i conti solo con se stessi e non capiscono che in questo momento (e sempre!) bisogna creare entusiasmi, non inseguire i delusi. In Italia ciò che manca è una Politica che si occupi davvero di diritti civili. Che se ne occupi non come emergenza, ma come prassi costante.
SENTIRE IL PRESIDENTE del Partito democratico Rosy Bindi dire: «Noi siamo chiamati a governare il Paese, non una minoranza» in riferimento alla polemica sui matrimoni gay è stato un duro colpo. Qualunque partito vada al governo o aspiri ad andarci è chiamato a governare una molteplicità di minoranze, perché di questo è fatto il paese, questa è di fatto la democrazia. Testamento biologico, tutela e sostegno per chi accudisce familiari diversamente abili, riconoscimento dello ius soli ai figli di immigrati nati in Italia e procedure più agili per concedere la cittadinanza agli immigrati che qui lavorano e che di fatto sono nostri concittadini, matrimoni gay, pari diritti e adozioni per le coppie gay, riconoscimento reale delle coppie di fatto, miglioramento delle condizioni dei detenuti nelle carceri che ogni anno a decine si tolgono la vita. Affrontare questi temi non vuol dire essere anticonformisti, fregarsene dei reali problemi del paese, essere pro morte, ma solo essere difensori di diritti inalienabili e scelte individuali che arricchiscono la comunità. La società civile cattolica e laica e molti nella Chiesa, su questi temi hanno una maggiore apertura della classe politica e delle posizioni ufficiali del Vaticano.
QUALCHE GIORNO FA mi ha colpito questa notizia: Blessed ha sei anni e dieci in tutte le materie. Parla inglese in casa e un italiano perfetto in classe. E' nata in Italia da genitori nigeriani clandestini e studia a Pinetamare, frazione di Castel Volturno, l'area del litorale domizio con la più alta concentrazione di immigrati della provincia di Caserta. La sua pagella era l'unica rimasta a scuola, affissa in bacheca e non ancora ritirata dai genitori che avevano paura di essere espulsi. Blessy mi ha inorgoglito e commosso. Poi un amico, Renato Natale ex sindaco di Casal di Principe (e spero ritorni presto a esserlo), presidente dell'associazione Jerry Masslo ha portato alla mia attenzione la storia di un altro bambino, coetaneo di Blessy, anche lui figlio di irregolari, ma portatore di un handicap che avrebbe richiesto un insegnante di sostegno. Questo bimbo è stato bocciato perché il sostegno, benché riconosciuto necessario dall'Asl, non gli è stato mai assegnato.
Una Repubblica in cui le minoranze non vengono tutelate, dove non sono rispettati i diritti civili e in cui i nostri amministratori non credono sia una priorità il pieno sviluppo della persona umana, è una Repubblica destinata a morire. La mancanza di centralità del dibattito sui diritti civili ha contribuito negli anni a spostare l'asticella della sopportazione degli italiani tanto in alto da poter sopportare anche gli eccessi del berlusconismo. E' come se ci fossimo assuefatti. E' come se avessimo abbandonato l'idea di dover difendere i diritti di chi non ne ha. E non difendendo i loro, finiamo per perdere quelli di tutti.
L'amara conclusione è che forse i due gol di Balotelli contro la Germania, in quei 90 minuti, hanno fatto per la comunità africana in Italia più di 30 anni di politiche per l'immigrazione.