Peggio di noi Malta, Regno Unito e Giappone. L'esperto: «Occorre iniziare dalla scuola per motivare i ragazzi all'attività»

Gli italiani? Campioni. Ma di pigrizia. A dirlo è una ricerca condotta da un gruppo di ricercatori guidati da Pedro C. Hallal, dell'università di Pelotas, in Brasile, e pubblicata su Lancet , la Bibbia delle riviste scientifiche. Hallal e i suoi hanno confrontato i dati relativi alle abitudini motorie degli adulti (da 15 anni in su) di 122 Paesi (l'89% della popolazione globale) con l'obiettivo di ricavare un «indice di inattività». Risultato, nella classifica dei Paesi più scansafatiche (vinta da Malta) l'Italia entra comodamente nelle prime 20 posizioni: è 17esima con un indice pari al 54,7% a fronte della media mondiale ferma al 31.1. In ambito Ue, il primato è ancora più schiacciante: nella pigra Europa, la pigrissima Italia è surclassata solo da Malta, maglia nera mondiale, Cipro, Serbia e Regno Unito. Nel dettaglio, le italiane sono meno attive dei loro connazionali uomini (59,8 contro 49,6%) e la media nazionale è molto lontana da quella, per esempio, della Grecia (15,6) ma non così tanto dal 40,5 degli Stati Uniti e ancora meno dal 60 del Giappone.

Italiani sfaticati? L'Istat, nel 2011, censiva 23 milioni e 300 mila sedentari, il 39,8% della popolazione nazionale. Ma non è tutto: «Per capire se il Paese è più o meno sportivo - spiega Gabriele Rosa, cardiologo e medico sportivo, direttore del Marathon Sport Center di Brescia dove allena i campioni della maratona - bisogna tenere conto anche degli indici indiretti di mancanza di attività motoria: la quota di adulti e bambini sovrappeso o obesi, o i diabetici, che in Italia sono quasi 4 milioni, il 6% della popolazione, e sono in aumento». L'abitudine italica alla pigrizia, continua Rosa, comincia da piccoli: «Quello che manca da noi è l'educazione allo sport: a scuola se ne fa poco e arrivati all'università mancano le strutture che hanno, per esempio, i campus americani. È un problema di sistema: si ripete sempre che muoversi fa bene ma poi non si insegna come ci si deve muovere».

Muoversi, secondo i ricercatori di Lancet , equivale a fare 30 minuti di attività a moderata intensità 5 volte a settimana o 20 a intensità «vigorosa» trisettimanali (o a una combinazione delle due ipotesi). Parametri che corrispondono alle linee guida dell'American College of Sports Medicine, spiega Andrea Macaluso, fisiologo dell'Università degli studi di Roma «Foro Italico», sufficienti per non meritarsi l'etichetta di sfaticati: «Un'attività fisica mediamente intensa 3 volte a settimana va benissimo per tutti» nota Macaluso.

Ma è proprio quella che gli italiani non fanno: «La "pigrizia" è maggiore tra i più giovani che nella fascia 30-50 anni - aggiunge Matteo Simone, psicoterapeuta e psicologo dello sport - gli over 30, infatti, cominciano a fare sport come fattore di aggregazione o per seguire i consigli di un medico». Ai giovani, invece, mancano le motivazioni, e le strutture: «Al Sud più che al Nord: l'Italia è divisa in due anche in questo - nota Salvo Russo, psichiatra e psicologo dello sport - e finché l'attività motoria non entrerà a far parte delle materie che fanno media, per le famiglie sarà sempre un di più e non un'attività primaria da far fare ai figli». Difficile colmare le lacune: «Serve puntare su progetti che stimolino l'interesse dei ragazzi», continua Simone. E per gli adulti? «Facilitare la pratica sportiva, per esempio nelle aziende: se vado al lavoro in bici, può essere utile, quando arrivo, potermi fare la doccia». Basterà a trasformarci da pigri in sportivi? «Se non altro a farci rendere di più sul lavoro».

Giulia Ziino

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