La soglia di povertà relativa, per una famiglia di due componenti, è pari a 1.011,03 euro. La povertà assoluta aumenta tra le famiglie con la persona fonte di reddito ritirata dal lavoro (dal 4,7% al 5,4%), soprattutto se non ci sono redditi da lavoro e almeno un componente è alla ricerca di occupazione (dall'8,5% al 16,5%).
Nel nostro Paese vivono più di 8 milioni di poveri "relativi" e quasi 3 milioni e mezzo di poveri "assoluti". Lo dice l'Istat. Per distinguere i poveri da coloro che poveri non sono si definiscono i bisogni considerati essenziali e le risorse che occorrono per soddisfarli al minimo. Chi non dispone di questo minimo, viene automaticamente annoverato tra le persone povere dai congegni statistici. I bisogni più spesso indicati come imprescindibili sono l'alimentazione, l'alloggio, la salute, l'igiene, il vestiario e - sottovalutandone l'importanza - solo a volte si aggiunge anche la vita di relazione.
Il concetto di povertà assoluta. L'operazione necessaria per definire il livello di povertà si completa con un elenco di consumi, messi in relazione con i prezzi di mercato e alla somma di denaro necessaria per soddisfarli. E' così che si ottiene la soglia di reddito minimo, la linea di demarcazione della povertà, il cui carattere "assoluto" è dunque conesso con i bisogni primari delle persone: il minimo necessario per nutrirsi, la possibilità di disporre di beni e servizi essenziali. Si tratta così di un concetto che non ha nessuna relazione con le condizioni di vita che prevalgono in un determinato contesto sociale.
Il pensionato sociale e il campesinos boliviano. La misura della povertà relativa e della sua progressiva diffusione, altro non è che la misura dell'aumento della disuguaglianza. In un paese povero, con tassi di disuguaglianza bassi, si registrerà un livello di povertà ridotto, per la semplice ragione che quasi tutta la popolazione vive in condizioni sostanzialmente uguali. Al contrario, in un paese come il nostro, sempre più stratificato da fasce sociali progressivamente più diseguali, non potrà che registrare livelli di povertà più alti. Un anziano italiano con la pensione sociale ha un reddito certamente superiore ad un campesinos boliviano. Tuttavia, non va dimenticato che quel pensionato deve fare i conti con il fatto di vivere nell'Italia di oggi, dove il tenore medio - sebbene in vistoso calo - non è paragonabile con quello medio dei campesinos boliviani.
I numeri dll'Istat. Nel 2011, l'11,1% delle famiglie è relativamente povero (per un totale di 8.173 mila persone) e il 5,2% lo è in termini assoluti (3.415 mila). La soglia di povertà relativa, per una famiglia di due componenti, è pari a 1.011,03 euro. Lo rileva l'Istat. La sostanziale stabilità della povertà relativa rispetto all'anno precedente deriva dal peggioramento del fenomeno per le famiglie in cui non vi sono redditi da lavoro o vi sono operai, compensato dalla diminuzione della povertà tra le famiglie di dirigenti/impiegati.
L'incidenza della povertà relavita. In particolare, l'incidenza della povertà relativa aumenta dal 40,2% al 50,7% per le famiglie senza occupati nè ritirati dal lavoro e dall'8,3% al 9,6% per le famiglie con tutti i componenti ritirati dal lavoro, essenzialmente anziani soli e in coppia. Tra quest'ultime aumenta anche l'incidenza di povertà assoluta (dal 4,5% al 5,5%). La povertà assoluta aumenta tra le famiglie con persona di riferimento ritirata dal lavoro (dal 4,7% al 5,4%), soprattutto se non ci sono redditi da lavoro e almeno un componente è alla ricerca di occupazione (dall'8,5% al 16,5%).
I dettagli territoriali. Osservando il fenomeno con un maggior dettaglio territoriale, la provincia di Trento (3,4%), la Lombardia (4,2%), la Valle d'Aosta e il Veneto (4,3%) presentano i valori più bassi dell'incidenza di poverta'. Si collocano su valori dell'incidenza di povertà inferiori al 6% la Toscana, l'Emilia Romagna e le Marche (5,2%), il Friuli Venezia Giulia (5,4%) e il Piemonte (5,9%). Lo rileva l'Istat. Ad eccezione dell'Abruzzo, dove il valore dell'incidenza di povertà non è statisticamente diverso dalla media nazionale, in tutte le altre regioni del Mezzogiorno la povertà è più diffusa rispetto al resto del Paese. Le situazioni più gravi si osservano tra le famiglie residenti in Sicilia (27,3%) e Calabria (26,2%), dove sono povere oltre un quarto delle famiglie.