La legge: bonus di 2 mesi se si congeda anche lui. Stanno con il bebè 7 ore al giorno e le donne tornano prima al lavoro.
GIOVANNI STRINGA
BERLINO - A Berlino, il fine settimana, le strade e i parchi si riempiono di giovani famiglie. Padri, madri, bambini, carrozzine e passeggini invadono viali, negozi e giardini pubblici. È una città molto giovane, e questo si sapeva. Ma la differenza arriva dal lunedì al venerdì, quando le stesse famiglie scendono di nuovo in strada. Questa volta, però, con un'eccezione. Ci sono gli stessi bambini, le stesse carrozzine e gli stessi passeggini. E, spesso, gli stessi padri, magari con il biberon in mano. Mancano solo le madri, perché sono in ufficio o in fabbrica a lavorare.
Impressioni? Coincidenze irripetibili di una città giovane e progressista? Non solo. In tutta la Germania la percentuale dei neopapà che prendono un congedo di paternità è schizzata dal 3,5% del 2007 al 16% del 2009 fino al 25% oggi. Le cifre - riportate in uno studio dell'Istituto tedesco per la ricerca economica (Diw) e rimbalzate sul quotidiano Berliner Zeitung - sono il risultato di una riforma messa in piedi cinque anni fa dall'allora ministro della Famiglia Ursula von der Leyen, madre di sette figli e oggi ministro del Lavoro. Il sistema lanciato nel 2007 prevede in linea di massima fino a 14 mesi (per figlio) di congedo genitoriale, in cui viene versato fino al 67% dello stipendio a chi accudisce il bambino. Padre o madre che sia, non fa differenza. Anzi, se alla fine è comunque solo la madre a restare a casa, il congedo si blocca al dodicesimo mese. Altrimenti, se anche il padre lascia il lavoro per la cameretta del bebé, allora si arriva ai 14 mesi. Forse è anche per questo - per quei 2 medi di «bonus» se interviene anche il papà - che il congedo medio maschile viaggia proprio tra uno e due mesi. Ma c'è chi (il 14%) va oltre e resta a casa dai tre agli otto mesi.
I tedeschi, storicamente amanti dei numeri e della precisione, hanno anche quantificato le ore. Quando sono in paternità, gli uomini dedicano ai figli 7 ore del giorno, contro le 2,7 ore nelle normali giornate di lavoro. «Sette ore, ma potrebbero fare ancora meglio», storcono il naso non poche mogli e compagne. Resta il fatto che, in ogni caso, un papà su quattro accetta uno stipendio ridotto pur di passare qualche mese con il nuovo arrivato. E - quasi incredibile, ma vero - ci sono padri che, una volta tornati tra computer e scrivania, chiedono il part time. Qui mancano i numeri, ed è prevedibile che siano piuttosto bassi. Ma il fenomeno, visto con occhi mediterranei, dà comunque nell'occhio.
Un'altra sorpresa viene dalla classifica dei Land (le regioni in cui è divisa la Germania) dove più alta è la quota dei padri in congedo. La lista, stilata dall'Ufficio statistico federale, vede sul podio due Land della vecchia Germania Est: la Sassonia (prima) e il Brandeburgo (terzo). Al secondo posto la ricca Baviera, al quarto Berlino. In Baviera, dove il mercato del lavoro «tira» e la domanda delle aziende è forte, probabilmente molti padri in congedo non temono «ripercussioni» al loro ritorno in ufficio. Nei Land dell'Est la situazione può essere più complessa e il mercato meno roseo. Eppure, come appunto in Sassonia, in diverse regioni la quota dei padri in congedo è più alta, molto più alta, di quanto succede in facoltosi Land dell'Ovest, dal Baden-Wuerttemberg al Nord Reno-Westfalia.
Dietro tanti «family men» tedeschi ci sono molte donne che, normalmente, guadagnano più dei loro mariti o compagni. Quindi, fatti due conti in tasca, la coppia può ritenere più opportuno dare più spazio a lei nel lavoro. E una prova di tutto ciò la danno, ancora una volta, i numeri: da quando il congedo è diventato «egalitario», le donne tornano prima in ufficio, gli uomini dopo e - nell'anno che segue alla nascita del bimbo - il reddito complessivo della famiglia è oggi più alto di quanto succedeva in passato. «Significativamente» più alto, precisa lo studio «made in Germany».