di Stefano Micossi
A partire dalla crisi del 2007-09, l'aumento rapido e consistente del debito pubblico è diventato un fenomeno generalizzato nei paesi avanzati. Per la prima volta, infatti, il livello medio del rapporto debito/PIL dei paesi OCSE ha superato il 100%. Il consolidamento fiscale peserà quindi sulle prospettive di crescita per le prossime due generazioni, mentre lo stato del welfare così come lo conosciamo in Europa sin dalla Seconda Guerra Mondiale dovrà essere trasformato, in particolar modo visto l'invecchiamento rapido della popolazione.
Ma la crisi del debito dell'eurozona ha delle caratteristiche peculiari. L'aspetto più rilevante è dato dal fatto che se da un lato la media del rapporto debito/PIL non è più elevata di altri paesi avanzati e gli sforzi di consolidamento sono già in atto da diverso tempo, dall'altro negli ultimi due anni l'eurozona è comunque rimasta impantanata in una grave crisi di fiducia. Il che la sta portando verso una dimensione sistemica della crisi la cui causa non può essere attribuita limitatamente a dei comportamenti dissoluti dei peccatori fiscali.
Senza dubbio, la crisi greca ha svelato tre difetti fondamentali dell'unione monetaria. Innanzitutto, la mancanza da parte del sistema di disposizioni efficaci per l'allineamento delle politiche fiscali e di altre politiche economiche. Finché la disciplina fiscale sarà affidata ad un ente intergovernativo, il problema continuerà a ripresentarsi, limitando la credibilità delle regole di budget comuni.
Inoltre, i mercati finanziari continuano a sottovalutare i rischi del credito sovrano e privato convinti della loro infallibilità e del risanamento del debito, e applicando quindi una debole disciplina di mercato sui beneficiari dei prestiti.
Infine, con lo scoppio della crisi e la conseguente rivalutazione dei rischi dei mercati finanziari, la necessità di evitare un crollo economico e finanziario ha costretto i governi a sostenere la domanda aggregata e ad adempiere alle obbligazioni assunte. Ma il distacco tra il potere monetario centralizzato ed il potere fiscale decentralizzato ha impedito, di fatto, il pieno utilizzo degli strumenti monetari e degli shock finanziari.
Questo contesto ha lasciato i singoli membri dell'eurozona esposti ad una forte pressione da parte dei mercati finanziari in un momento in cui l'eccesso di debito privato si è trasformato in debito pubblico arrivando a livelli insostenibili. L'eurozona è quindi diventata improvvisamente una camicia di forza.
E così è rimasta, comportando diversi tagli di budget e difficoltà di crescita, mentre i paesi periferici si sono trovati a dover implementare una politica di svalutazione del tasso di cambio reale per recuperare competitività e coprire il deficit esterno. I paesi chiave, nel frattempo, sostengono di non poter fare molto per rafforzare la domanda aggregata e attenuare la pressione sui paesi partner, anche se l'agonia dei paesi periferici sta trascinando quelli chiave nella recessione a causa della loro dipendenza dai mercati periferici di esportazione. I dati recenti indicano un peggioramento rapido del contesto economico tedesco che ha visto, negli ultimi mesi, una riduzione drastica del surplus commerciale.