Dal 2009, l'80% dei nuovi posti è andato agli uomini, complici i tagli nel settore pubblico.

MAURIZIO MOLINARI

CORRISPONDENTE DA NEW YORK

In tempo di crisi sono le donne ad essere più svantaggiate nella ricerca di un posto di lavoro. Ad attestarlo sono i dati convergenti del Dipartimento del Lavoro e di uno studio del Pew Research Center, secondo cui da quando la recessione è terminata in America nel giugno del 2009 gli uomini hanno ottenuto l'80 per cento dei 2,6 milioni di posti creati, con una tendenza confermata anche nell'ultimo anno con il 61 per cento. Nel complesso gli uomini negli ultimi tre anni hanno aggiunto 768 mila impieghi, mentre le donne ne hanno perduti 218 mila sebbene, nel complesso, il tasso di disoccupazione fra gli uomini sia di 1 punto percentuale maggiore delle donne e il 56 per cento dei disoccupati siano uomini.

L'accento del Pew Reasearch Center è dunque sulla tendenza degli uomini a trovare lavoro prima delle donne. Esaminando i dati ci si accorge che il maggiore motivo è dovuto al fatto che nelle manifatture, epicentro della debole crescita americana, gli uomini sono in maggioranza schiacciante mentre le donne prevalgono nel settore pubblico, ovvero in quello che continua ad essere più colpito dai tagli. A pesare è anche la trasformazione del commercio al dettaglio, dove dal dicembre 2009 gli uomini hanno registrato 440 mila posti in più mentre le donne ne hanno perduti 49.500, con il risultato che oggi fra i 14,75 milioni di lavoratori in questo settore il 51 per cento è composto da uomini, con un rovesciamento di equilibrio rispetto alla tradizionale prevalenza delle donne in impieghi come commessi o camerieri. Adriana Kugler, capo economista del Dipartimento del Lavoro, spiega al «Los Angeles Times» che «la differenza di uomini e donne davanti alla crisi è che i primi si stanno dimostrando più disposti ad adattarsi a nuovi lavori mentre le donne sono meno duttili».

Per avere idea di cosa significa «duttilità» basta considerare che nella Sanità fino al 2009 gli uomini erano il 23 per cento del totale dei dipendenti, mentre negli ultimi tre anni hanno ottenuto il 39 dei posti disponibili. Sarebbe questo il motivo che vede l'aumento di forza lavoro maschile nei settori più differenti, dai servizi finanziari alle banche, dall'immobiliare a educazione e tempo libero sebbene si tratti di mercati dove il totale delle donne impiegate continua a superare gli uomini. Ma alcune associazioni per i diritti civili obiettano che tali numeri hanno in realtà tutt'altra spiegazione: la discriminazione fra sessi dovuta al fatto che ad assumere sono spesso manager uomini. «Gli stereotipi legati al sesso ancora esistono nel mondo del lavoro» ammette Dov Charney, ceo di «American Apparel». Ironia della sorte vuole tuttavia che nell'ultimo anno la commissione federale «Pari Opportunità» abbia ricevuto il maggior numero di denunce per «discriminazione sulla base del sesso» da dipendenti uomini nei confronti di manager donne.

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