di Franco Bomprezzi

Antonio Mastrapasqua non si tira indietro, di questi tempi, e ci mette la faccia, anzi è convinto che l'Inps, l'Istituto da lui presieduto - uno dei tantissimi incarichi che questo infaticabile grande dirigente pubblico riesce a svolgere - sta riuscendo dove tutti avevano fallito, razionalizzando la spesa per le pensioni di invalidità e per le indennità di accompagnamento destinate non solo alle persone con disabilità, ma soprattutto agli anziani non autosufficienti. Eppure a leggere le storie che continuano ad arrivare nelle sedi delle associazioni e nelle lettere ai giornali, credo che si possa fare qualche riflessione, anche semplicemente umana, perché dietro i numeri ci sono le persone. E la dignità dei cittadini più fragili.

Due storie in poche ore, esemplari. Le trovate nel canale "disabilità" di corriere.it e nel forum "Ditelo a noi". Il racconto di una visita kafkiana a una donna davvero non vedente, che deve fornire ulteriore documentazione rispetto a una patologia conclamata e che dovrebbe addirittura rientrare fra le situazioni da non sottoporre neppure a controllo, in base alle norme vigenti. Peggio ancora, se possibile, la vicenda di un ragazzo malato di neurofibromatosi, patologia per la quale purtroppo non si possono neppure immaginare miglioramenti miracolosi, che si è visto togliere l'indennità di accompagnamento, come se adesso non avesse più bisogno di un'assistenza continua per le funzioni essenziali della vita.

In analoghe situazioni il presidente dell'Inps, dopo aver verificato che effettivamente, come dire, la burocrazia aveva un po' esagerato, ha chiesto scusa, ammettendo che queste cose non dovrebbero succedere. Ma il problema è un altro. Queste situazioni si verificano quotidianamente ormai da un paio d'anni senza che ci sia un intervento organico, politico, per rimettere ordine in una materia così complicata e delicata come quella delle certificazioni d'invalidità.

Fa forse comodo pensare che siamo in presenza di piccoli danni collaterali di una sacrosanta guerra ai falsi invalidi, che ha prodotto un impegno (e un costo) colossale da parte dell'Inps, e risultati assai modesti (non più del dieci per cento di posizioni considerate irregolari, al lordo dei ricorsi). Il dossier prodotto da Fish, la Federazione Italiana per il Superamento dell'Handicap, e consegnato alla Commissione Lavoro del Senato - che sta svolgendo una indagine conoscitiva proprio su questo aspetto - dimostra, dati alla mano, una scelta politica assai discutibile, consolidatasi nel corso degli anni. Ossia l'aver concentrato nel medesimo ente, l'Inps, tutte le funzioni, non solo quella dell'erogazione delle pensioni e delle indennità, ma anche il controllo di regolarità (il che è assolutamente corretto, e casomai diventa un problema di criteri tecnici) e persino la fase di primo accertamento e valutazione, che prima era in mano alle Asl. Questo accentramento di poteri e di procedure richiederebbe quanto meno una attenta valutazione di quale danno ne possa derivare per i cittadini onesti ma deboli, privi di tutela reale, e costretti in molti casi, come si vede, a subire spesso autentiche angherie di stampo borbonico.

La rivista "Welfare oggi" diretta da Cristiano Gori ha condensato in un documentatissimo dossier la vicenda dei controlli Inps rilevando come, al tirar delle somme, il risparmio ottenuto raggiunge solo l'un per cento della spesa complessiva per le invalidità. Ne valeva la pena? Non era - e non è - forse meglio mettere mano seriamente alla composizione di questa spesa, che è cresciuta a dismisura soprattutto per l'invecchiamento della popolazione e per la conseguente crescita numerica di anziani non autosufficienti, ai quali nessun altro sollievo economico per l'assistenza può essere di norma fornito se non proprio quella famosa indennità di accompagnamento?

Chi glielo va a dire ai genitori di Rino, o alla donna non vedente, protagonisti delle nostre storie?

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