di Marta Casadei
Basta un giro per San Paolo per rendersene conto a più riprese: gli italiani tra i 30 e i 40 anni hanno fatto del Brasile la propria meta privilegiata. Ma non per una vacanza: c'è chi si trasferisce per lavorare nella nuova filiale di una multinazionale, chi dà un taglio drastico alla propria vita e si rimbocca le maniche creando una nuova impresa. Il trait d'union tra le esperienze di questi nuovi emigranti - sempre in contatto con l'Italia via Facebook e Twitter - è sempre lo stesso: la voglia di cogliere un'opportunità.
Francesca Picciafuochi è un vulcano dai capelli ramati: vive a San Paolo da qualche mese e, in attesa che i tempi della burocrazia diano una struttura ufficiale a Esperienza Italiana, questo il nome dell'agenzia di comunicazione ed eventi che è venuta a fondare in Brasile, non è certo rimasta con le mani in mano. L'impatto con il Paese è stato intenso e positivo: «Cinque anni fa ero venuta qui per lavoro e avevo capito che l'energia di San Paolo mi avrebbe contagiato. L'anno scorso, dopo un'attenta valutazione, ho deciso: mi sono trasferita qui e ho aperto un'agenzia che ha l'obiettivo di creare canali di comunicazione tra Italia e Brasile (e viceversa) nei settori moda e lifestyle».
Del resto Francesca, origini toscane mescolate a un'adolescenza nei dintorni di Varese, ha una lunga esperienza nel settore: «Mi sono sempre occupata di comunicazione, nella moda specialmente. Ho inziato in aziende multinazionali, ma con un'impronta familiare, per poi girovagare tra realtà interessanti e di successo. Da due anni il tutto veniva gestito dalla mia agenzia: F.P.R. Francesca Picciafuochi Pubbliche Relazioni». Quella brasiliana non è la sua prima esperienza all'estero: «Dopo la laurea in Giurisprudenza sono emigrata quasi un anno negli USA. Prima ad approfondire i miei studi e poi alla Fox Horan & Camerini, uno studio legale di Wall Street. Era la metà degli anni Novanta, il periodo d'oro della Grande Mela: io mi sentivo una specie di Melanie Griffith in "Working Girl"».
L'avventura lavorativa a San Paolo ha contorni un po' meno da film: «Anche in questo caso penso di aver scelto il momento giusto per venire qui, ma ho anche la sensazione che nei confronti del continuo esodo qui in Brasile, il Governo Brasiliano stia diventando sempre più ostile». Entrambi i Paesi hanno i loro pregi e i loro difetti: «La burocrazia qui è un ostacolo enorme: ogni giorno si è costretti ad avviare una procedura diversa per aprire una pratica o per ottenere un'autorizzazione e i tempi sono molto dilatati. Per chi viene da sistemi ordinati è uno choc culturale non da poco: confrontarsi con colleghi "gringos" - così sono chiamati i non Sudamericani che vivono qui - può mettere un freno alla frustazione dei primi momenti. L'Italia, dal canto suo, ha praticamente incentivato la mia partenza: chi a meno di 40 anni è riuscito a creare un'attività propria è schiacciato dalla pressione fiscale. Per quanto mi riguarda ho passato anni ad anticipare l'IVA su fatture emesse ma non ancora incassate».
La forza del Brasile sta senza dubbio nella sua economia, in forte crescita specialmente se comparata con quella del nostro Paese. Ma non bisogna lasciarsi ingannare: «Chi pensa di venire qui a fare soldi facilmente commette un grande errore. Chi crede che il Brasile abbia bisogno dell'Italia commette il secondo errore. E chi ipotizza di entrare in questo mercato senza fare un piano di investimento e affidarsi a delle realtà competenti che possano agevolare il loro ingresso, si perde: ecco il suo terzo errore. A San Paolo ci sono importanti opportunità: bisogna avere l'umiltà di individuarle e realizzarle».
Il primo passo, quindi, è buttarsi: «Non c'è mai un momento giusto per muoversi: ma quando vedo i 25enni che vivono ancora in casa vorrei gridargli di fare un'esperienza all'estero: non si tratta di lasciare l'Italia definitivamente, ma di andare a curiosare un po' in giro e tornare. Per esempio, qui in Brasile la prima linea dirigenziale si è perfezionata tutta all'estero, conosce almeno due lingue perfettamente ed ha un'altissima professionalità».
Per tornare, insomma c'è tempo, così come per coltivare progetti alternativi nel Belpaese: «Se non fossi partita? Sarei rimasta in Toscana e avrei fatto dell'Olio di casa Terre di Lia - dedicato a mia madre e oggi destinato a pochi amici - un brand di successo. Verrà il momento anche per questo. Del resto l'olio extra-vergine d'oliva non passerà mai di moda: in fondo è una parte delle storie italiane che sono venuta qui a raccontare, anche con la mia agenzia».