"Big Data per lo sviluppo: opportunità e sfide" è il nuovo studio delle Nazioni Unite che mette in relazione le innovazioni nel campo dei digital data e la cooperazione internazionale. Una nuova possibilità contro povertà, fame e malattie.

di Sara Garnero
 
E' arrivata l'era dei "Big Data". Il 10 luglio le Nazioni Unite hanno presentato così il nuovo rapporto intitolato "Big Data per lo sviluppo: opportunità e sfide", che esplora come i dati di social media e altre fonti digitali possano fornire informazioni sul benessere delle popolazioni, ad esempio dando indicazioni sulle perdite di posti di lavoro o sul cambiamento dei prezzi dei prodotti alimentari.
 
La ricerca è stata prodotta da Pulse Global, una iniziativa dell'Onu per far leva sulle innovazioni nel campo dei digital data, la loro racconta e analisi. Il fine è creare un nuovo modo di operare per lo sviluppo globale e aiutare i decision-maker ad acquisire in tempo reale le informazioni sull'impatto delle crisi che si abbattono sulle popolazioni vulnerabili.«Arrivarci, tuttavia, richiede innanzitutto la consapevolezza delle possibilità - sia nel campo della tecnologia che in quello dello sviluppo internazionale-, la formazione di partenariati strategici, lo sviluppo di approcci innovativi», dice in occasione del lancio del rapporto il segretario generale per la politica e la pianificazione, Robert Orr.

Lo studio nasce dalla necessità che le Nazioni Unite imparino a sfruttare efficacemente i progressi della "conversazione globale", grazie alla potenzialità dei big data di raggiungere in tempi reali gli angoli più remoti del mondo, per intervenire tempestivamente sulle crisi socio-economiche, capire i progressi dello sviluppo, migliorare la protezione sociale e correggere i programmi esistenti ove necessario.

Robert Orr ha citato l'esempio di funzionari delle Nazioni Unite in visita nel campo profughi di Dadaab in Kenya, dove hanno riscontrato un ampio uso di telefoni cellulari, in particolare per accedere a social media come Facebook. L'analisi dei dati degli utenti che questi telefoni cellulari producono infatti, potrebbe fornire informazioni importanti sugli impatti locali del lavoro che svolge l'Onu.

In particolare il rapporto, che si rifà a una ricerca di varie società, dimostra che le "chiacchiere" sui social media possono essere un indicatore precoce di picchi di disoccupazione, in paesi come gli Stati Uniti e  l'Irlanda, che il prezzo dei prodotti alimentari estratti da siti web corrisponde esattamente all'indice ufficiale dei prezzi al consumo in sei paesi dell'America Latina. Oppure ancora che i tweet sul costo del riso in Indonesia rispecchiano le statistiche ufficiali sull'inflazione dei prezzi alimentari.

Le Nazioni Unite puntano a creare un laboratorio di innovazione, mediante la collaborazione tra i vari stati membri, costituendo una rete esplorativa del potenziale di queste nuove fonti di dati. L'Indonesia e Uganda faranno da apripista a breve, con due laboratori a Jakarta e Kampala.

Se da un lato i mezzi e le fonti digitali sono un potenziale ancora in larga parte inutilizzato, dall'altro non sono immuni da importanti interrogativi: la reale affidabilità e rappresentatività dei dati raccolti, la loro rilevanza politica, le problematiche relative alla privacy. Tantomeno offrono «una panacea moderna per antiche sfide dello sviluppo. Tuttavia, rappresentano una reale possibilità di portare nuovi e potenti strumenti per la lotta contro la povertà, fame e malattie».

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