Rajoy, tredicesima addio per tutti i dipendenti pubblici.
ANTONIO ORIGHI
Cronaca di una stangata annunciata. All'indomani della prima tranche del salvataggio europeo - 30 miliardi destinati al salvataggio del traballante sistema bancario spagnolo - come era già stato preannunciato dal ministro delle Finanze Montoro, ieri il premier popolare Mariano Rajoy ha illustrato la cura di tagli lacrime e sangue con cui si propone di portare il Paese fuori dal guado. Niente meno che 65 miliardi di euro in due anni: in assoluto la sforbiciata più micidiale mai conosciuta dal Paese dopo l'addio di Franco.
I sindacati sono già scesi sul piede di guerra: annunciano che l'autunno sarà caldo e si preparano a darne un'anticipazione il 19 luglio, con una grande manifestazione di protesta. Il premier ha provato a difendere la sua linea: «La situazione è gravissima: non ci resta altro rimedio, ci piaccia o no» ha spiegato Rajoy, smentendo nei fatti tutte le promesse fatte durante la campagna elettorale che, dopo il voto del novembre scorso gli ha dato la maggioranza assoluta in Parlamento. «Sono il primo a cui non piacciono queste misure, ma le circostanze sono cambiate e devo adeguarmi», si è giustificato il primo ministro. Dallo scorso dicembre, cioè da quando è salito al potere, l'Esecutivo conservatore ha già tagliato per 53 miliardi di euro.
E l'elenco dei sacrifici decisi ieri, trasmesso via tv in tutto il Paese mentre Rajoy rispondeva al question time del mercoledì (le misure saranno decise nel Consiglio dei ministri di domani) è lunghissimo. Per cominciare, come ripetutamente richiesto sia dal Fmi e dalla Ue, l'aumento dell'Iva: finora era al 18%, passerà al 21%. Quella ridotta (trasporti, la maggioranza dei prodotti alimentari, medicine, turismo in generale) passerà invece dall'8 al 10%. In soldoni, l'aumento fiscale comporta per le casse dello Stato entrate per 6 miliardi di euro l'anno.
Secondo dolorosissimo punto: la soppressione della quattordicesima di Natale (gli spagnoli prendono la tredicesima a luglio). «Il taglio sarà applicato a tutto l'organico della amministrazione centrale, locale e regionale (ossia a 3, 2 milioni di lavoratori) e chiedo di estenderlo anche a deputati e senatori», ha detto Rajoy, scuro in volto perché sa benissimo che con questa decisione il suo futuro politico, alle prossime elezioni, è praticamente segnato. Questa legnata vale 5 miliardi di incassi per lo Stato. Cercando di addolcire la pillola, il premier ha assicurato che l'intero settore statale potrà recuperare una parte degli assegni perduti a partire dal 2015 ( non in contanti, ma come apporto al loro fondo pensioni). Intanto, con la prossima finanziaria saranno dimunuite del 20% le sovvenzioni ai partiti politici, ai sindacati e alle organizzazioni imprenditoriali.
La terza grande mazzata - dopo aver promesso che la scure si abbatterà anche sulle prestazioni sociali destinate alla legge sulla dipendenza, uno dei fiori all'occhiello dell'ex premier socialista Zapatero che si prendeva cura degli anziani e dei loro familiari -, è invece destinata al salario di disoccupazione, che dura 2 anni. A partire dal sesto mese i disoccupati percepiranno il 50% (non più il 60%) dell'ultimo stipendio. La decisione colpirà duramente il Paese che registra il maggior tasso di disoccupazione d'Europa, il 24%.
Infine - oltre ad altri piccoli aumenti come quello delle imposte speciali sul tabacco - il "tagliatore máximo" (in Spagna c'è già chi lo chiama così) ha eliminato le agevolazioni fiscali per l'acquisto della prima casa (altri 2,5 miliardi in cassa) in una Spagna che ha circa 1 milione di case vuote per lo sboom immobiliare. L'unica nota positiva (che potrebbe aumentare l'occupazione) è rappresentata dalla diminuzione dei contributi sociali degli imprenditori, dell'1% nel 2013 e di un altro punto nel 2014.
Se tutto questo non bastasse, Rajoy ha preannunciato un piano di liberalizzazioni (ferrovie ed aeroporti), che potrebbero portare in cassa altri 30 miliardi. Il leader del partito socialista Rubalcaba (il maggiore dell'opposizione) boccia su tutta la linea i primi 6 mesi di governo di Rajoy. Ma la reazione più dura è arrivata dalle organizzazioni dei lavoratori. «I nuovi tagli costituiscono un'aggressione senza precedenti dei diritti dei lavoratori e anche dei principi costituzionali», ha tuonatoToxo, leader del filo-comunista Comisiones Obreras, il più importante di Spagna. «È ingiusto e scandaloso che la mazzata si concentri sui disoccupati e impiegati pubblici e non ci sia una sola misura contro i ricchi e le grandi fortune», gli ha fatto eco Mendéz, leader della filo-socialista Ugt.