Domenico Gaudiello

Il comune che fa un mutuo alla propria società partecipata impiega correttamente la propria liquidità. È questa la conclusione a cui giunge la Corte dei conti, sezione controllo, della Toscana, con la delibera 202 del 14 giugno 2012.

La pronuncia è importante, perché per la prima volta si afferma che anche l'erogazione di mutui rientra tra le modalità di impiego della liquidità degli enti locali, oltre alla sottoscrizione di titoli di stato, di polizze di capitalizzazione o altri simili prodotti. Il ragionamento svolto dalla Corte è semplice: prestare i soldi alla partecipata può fruttare al comune interessi addirittura maggiori di quelli che maturerebbero se la liquidità rimanesse invece depositata presso la banca tesoriera.
Se poi il rating della società partecipata è buono, non residuano dubbi sulla restituzione tempestiva da parte del mutuatario dell'importo ad esso erogato dal comune. E questo avvalora la correttezza della modalità prescelta di impiego della liquidità.

La delibera del giudice contabile toscano è molto utile anche perché riepiloga ed aggiorna i criteri e i limiti che si applicano all'impiego della liquidità giacente. Tra questi, si enfatizza da un lato che la liquidità non può essere impegnata per oltre 18 mesi e dall'altro che il disinvestimento deve essere in ogni momento possibile.
Ma proprio a questo riguardo la pronuncia solleva un interrogativo che a conti fatti rimane irrisolto. Per quanto il rating della società finanziata offra assicurazioni circa la solvibilità del debitore, il pronto recupero delle risorse da parte del comune prima della scadenza naturale del mutuo resta praticamente impossibile a meno di non prevedere che il comune possa chiedere in ogni momento il rimborso anticipato del finanziamento. Il che renderebbe le condizioni del finanziamento particolarmente disagevoli, in quanto la società mutuataria sarebbe esposta al rischio di un rimborso anticipato non imputabile ad un proprio inadempimento.

Ma c'è un ulteriore questione che il giudice contabile lascia aperta. Nel fissare i vari limiti che il comune deve osservare in modo da rendere il finanziamento erogato alla partecipata un corretto strumento di impiego della liquidità giacente, la Corte dei Conti della Toscana non richiama l'attenzione del comune sul fatto che la società partecipata è comunque soggetta al codice dei contratti pubblici e all'obbligo di esperire una gara pubblica per individuare il miglior soggetto finanziatore (che non è necessariamente il socio pubblico). Sarà anche per questa ragione che il finanziamento alla società partecipata assai raramente si è profilato nella prassi come un meccanismo per impiegare validamente la liquidità dell'ente locale.

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