L'impatto della produzione bellica (incontrollata) sulle persone. Amnesty International: ogni anno 26 milioni di persone sono costrette a lasciare tutto a causa di un conflitto armato. Il 74% della produzione totale è nelle mani di soli 6 paesi: Cina, Germania, Francia, Regno Unito, Russia e Stati Uniti. La maggior parte delle vittime sono civili.

di LIVIA ERMINI

NEW YORK - Primo giorno a New York per la Conferenza Internazionale Onu incaricata di negoziare un trattato sul commercio di armi nel mondo. I delegati, in una sessione che durerà fino al 27 luglio, dovranno cercare l'accordo su una materia delicatissima che frutta ben 60 miliardi di dollari l'anno. Milioni di persone soffrono infatti a causa delle conseguenze dirette o indirette della vendita di armamenti da parte di Stati e organizzazioni malavitose. Secondo i dati elaborati da Amnesty International 1 i morti sono oltre 1.500 al giorno, a causa di ferite da arma da fuoco muore, in media, una persona al minuto, mentre sono migliaia i mutilati e i feriti ogni giorno; sono 12 miliardi le pallottole prodotte ogni anno, mentre 26 milioni le persone costrette a lasciare la propria casa a causa di un conflitto armato. Di più: il 74% della produzione totale di ordigni bellici si deve a soli sono 6 paesi: Cina, Germania, Francia, Regno Unito, Russia e Stati Uniti. La maggior parte delle vittime dei conflitti è costituita da civili.

Si regola tutto, anche le ossa di dinosauri. Numeri spaventosi a cui si cerca di porre un freno dal momento che, ad oggi, non esiste nulla che regolamenti il settore, mentre esistono regole per il commercio di banane, di acqua in bottiglia, e persino di ossa di dinosauro. Ma i fronti contrapposti hanno già fatto sentire la loro voce alla vigilia dell'apertura. La Gran Bretagna farà pressione sugli Stati Uniti perché accettino l'inclusione di una clausola che riguardi il rispetto dei diritti umani e il divieto di vendita verso Paesi in cui questi siano minacciati.

I punti di contrasto sul Trattato. La bozza di Trattato esistente infatti stabilisce il divieto di approvare forniture belliche in Paesi dove "esiste un rischio sostanziale della violazione di diritti umani" (che per esempio impedirebbe alla Russia di fornire armi alla Siria), ma Washington vorrebbe cambiare il testo in modo che i singoli governi debbano solo "prendere in considerazione" fattori quali i diritti umani prima di autorizzare una vendita. Inoltre, gli Usa ritengono troppo difficile inserire all'interno dell'accordo una regolamentazione sulle munizioni: al contrario, le Ong sottolineano come senza queste clausole qualsiasi Trattato risulterebbe inefficace.

In pericolo posti di lavoro. In fondo però quella delle armi è una delle principali voci di bilancio di certe economie e fonte di occupazione, come ammette la stessa Unione Europea che "riconosce il contributo che l'industria degli armamenti armi fornisce alla creazione di posti di lavoro e alla crescita economica".

Il problema della tracciabilità. La Ue, prendendo atto che il valore delle esportazioni mondiali ha continuato a crescere nonostante la crisi economica e finanziaria e gli Stati membri rappresentano il 30% di tutte le esportazioni, ha sottolineato, tra gli altri punti, che "occorre accordare la debita attenzione alla marcatura e alla tracciabilità delle armi e delle munizioni convenzionali al fine di rafforzare la responsabilità e prevenire il dirottamento dei trasferimenti di armi verso destinatari illegali". A causa della globalizzazione, infatti, il flusso di armamenti che viene trasferito nelle varie parti del mondo oggi è difficilmente controllabile. Carichi di armi, formalmente legali finiscono per deviare la loro destinazione verso utilizzatori finali non autorizzati e "paesi canaglia".

"Inutile imporre divieti a stragi avenute". "I leader politici hanno la storica opportunità di far vincere i diritti umani e le ragioni umanitarie sugli interessi di parte e sul profitto", sostengono Oxfam 2 e Amnesty International, "le Nazioni Unite hanno una storica opportunità per regolare il commercio delle armi: per impedire massacri come quello in Siria serve un Trattato sul commercio delle Armi forte, entro la fine di luglio. Inutile continuare a imporre divieti quando le stragi sono già avvenute".
 
Una storica opportunità. "Abbiamo la storica opportunità di rendere il mondo un luogo più sicuro; questo Trattato può essere lo strumento per porre limiti a un commercio del tutto fuori controllo al momento", avverte  Anna Macdonald di Oxfam. "Dal Congo alla Libia, dalla Siria al Mali, si assiste a un'infinita teoria di violenza e distruzione. Nelle prossime settimane i negoziatori alle Nazioni Unite possono cambiare il mondo o decidere un altro fallimento",

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