di Roberto Galullo
In 20 anni il fatturato complessivo dell'ecomafia ha sfiorato i 300 miliardi. Per dare un parametro di riferimento, circa il 17% del Pil italiano di un anno. Nel solo 2011 il business è stato di 16,6 miliardi, di cui 9,4 provenienti dal mercato illegale e parallelo (dalla gestione rifiuti speciali 3,1 miliardi, dall'abusivismo edilizio 1,8, dall'archeomafia 300 milioni, dalle illegalità nel settore agroalimentare 1,2 miliardi e dal traffico di animali 3 miliardi). Il resto, pari a 7,2 miliardi è frutto di investimenti a rischio nei quali la mano delle mafie c'è ma non si vede (6,2 miliardi da opere pubbliche e un miliardo dalla gestione dei rifiuti urbani).
A spartirsi la torta sono sempre più clan: 296, sei in più rispetto all'anno precedente. Sono queste le stime e le analisi del Rapporto Ecomafia 2012 di Legambiente che verrà presentato domani a Roma alla presenza, tra gli altri, del Procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, di Vittorio Cogliati Dezza, presidente dell'associazione ambientalista e del ministro dell'Ambiente Corrado Clini.
«Nell'Italia della crisi economica, delle fabbriche che chiudono e della disoccupazione in crescita -si legge nel Rapporto - l'ecomafia è sempre in attivo». Basta guardare a quanto accade con il fenomeno dell'abusivismo edilizio: il mercato legale crolla, con una flessione stimata dal Cresme in circa il 20%, ma quello del mattone illegale subisce solo leggere fluttuazioni. Sono infatti 25.800, tra nuove costruzioni e trasformazioni significative, gli abusi stimati nel 2011 da Cresme Consulting il cui fatturato, secondo le elaborazioni fatte da Legambiente sulla base dei valori di riferimento del mercato immobiliare, è intorno a 1,8 miliardi. Dal 2003, anno dell'ultimo condono edilizio, a oggi, sono state costruite oltre 258.000 case illegali, per un fatturato complessivo di 18,3 miliardi.
I rifiuti spariti
Se nel 2010 per Legambiente i rifiuti spariti nel nulla erano pari a 14,5 milioni di tonnellate, nel 2011 l'"ammanco" è stato di circa 13,3 milioni. Considerando solo nove delle 16 inchieste dove è stato contestato il traffico organizzato di rifiuti e dove è stato possibile risalire ai sequestri effettuati (senza contare le miriadi di discariche che ogni giorno vengono scoperte e sequestrate), sono state individuate 346.000 tonnellate di rifiuti gestiti illegalmente.
Un quantitativo enorme, per trasportare il quale ci sarebbe bisogno di 13.848 Tir (ciascuno, in media, è lungo 13,6 metri e ha una capacità di carico di 25 tonnellate). Questi Tir, messi in fila uno dietro l'altro, formerebbero una colonna lunga oltre 188 chilometri di veleni. Sommandoli ai Tir del 2010 (quando furono stimati da Legambiente in 82.182), è presto calcolata "la strada dell'ecomafia": partendo da Reggio Calabria varcherebbe i confini nazionali, arrivando fino in Svizzera, superando perfino la ricchissima stazione sciistica di Saint Moritz.
Sempre sulla base dei quantitativi sequestrati (e di cui si è venuti a conoscenza in maniera ufficiale attraverso i risultati delle indagini condotte da magistratura e Forze dell'ordine) negli ultimi 10 anni, la "strada dell'ecomafia" ha superato 7.300 km, più dell'intera rete autostradale italiana, che misura poco più di 6.661 km.