Nel 2012 pil in calo del 2,4%. A fine 2013 persi 1,5 milioni di posti di lavoro.

Anche «se non siamo in guerra» i «danni economici fin qui provocati dalla crisi sono equivalenti a quelli di un conflitto e a essere colpite sono state le parti più vitali e preziose del sistema Italia», rileva il centro studi di Confindustria. Colpite le parti «da cui dipende il futuro del Paese».

Nel 2013 un milione e 482mila posti in meno rispetto al 2008
Il 2013 si chiuderà con un milione e 482mila posti di lavoro in meno dal 2008, inizio crisi (in termini di unità di lavoro equivalenti a tempo pieno):era -1 milione e 276mila a inizio 2012. La disoccupazione salirà al 10,9% a fine 2012 e toccherà il record del 12,4% nel quarto trimestre 2013 (13,5% con la Cig).

Crollano gli investimenti, in calo i consumi delle famiglie
«Gli investimenti crollano dell'8% nel 2012 e perdono un altro 0,2% nel 2013». È tra le stime del centro studi di Confindustria riviste in negativo rispetto alle precedenti previsioni, dello scorso dicembre. Anche «i consumi delle famiglie diminuiscono nettamente» (-2,8% 2012, -0,8% 2013) conseguenza della fiducia al minimo storico, dell'ulteriore riduzione del reddito reale disponibile, della restrizione dei prestiti e dell'aumento del risparmio precauzionale».

Si allontana il pareggio di bilancio
I conti pubblici migliorano «vistosamente», ma «si allontana il pareggio di bilancio», secondo il Centro studi di Confindustria. Il deficit pubblico nel 2013 sarà a -1,6% del Pil e non di -0,1% come prospettato a dicembre. Nel 2012 si assesterà invece a -2,6%, in peggioramento di 1,1 punti a causa della crisi.

La recessione è più intensa e la ripresa è attesa nella seconda metà del 2013
«Siamo nell'abisso», sottolinea il capoeconomista di Confindustria, Luca Paolazzi, illustrando le stime di via dell'Astronomia sul Pil tagliate rispetto alle precedenti previsioni: per il 2012 al -2,4% (dal -1,6%); per il 2013 al -0,3% (dal +0,6%). La recessione è «più intensa», la ripresa è ora attesa «dalla seconda metà del 2013».

Il macigno della burocrazia costa alle imprese oltre 26 miliardi l'anno
«Il macigno della burocrazia che drena e dissipa risorse e mezzi nel nostro Paese «pesa sulle imprese per più di 26 miliardi di euro l'anno di costi amministrativi». Il vice presidente di Confindustria con delega al Centro Studi, Fulvio Conti, è ritornato sul peso eccessivo della burocrazia in Italia. Commentando le stime del Csc per l'economia italiana Conti ha spiegato che «l'eccessiva burocrazia non pesa solo sulle imprese ma genera anche esternalità negative per tutto il sistema Paese». Secondo il vice presidente di Confindustria, inoltre, «il macigno della macchina burocratica grava anche sulle spalle dei cittadini». Per questo Conti ritiene che vadano tagliate «con decisione tutte le inefficienze, eliminare i tanti sprechi di risorse, le storie di assenteismo, le dispute e contrapposizioni, ma anche migliorare i servizi sociali spesso poveri e inadeguati».

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