di Riccardo Noury
Libertà di espressione
Il Sudan è attraversato da un'ondata di proteste contro l'aumento dei prezzi dei generi alimentari e la progressiva perdita di valore della moneta locale.
La situazione economica del paese, che ha spinto il governo ad applicare la ricetta politica globale di tagli e austerità, è peggiorata anche a causa dell'indipendenza del Sud Sudan, che ha ridotto di tre quarti la produzione di petrolio del Sudan, con conseguente perdita di entrate e di valuta straniera.
Le prime manifestazioni si sono svolte sabato 16, guidate dagli studenti e dalle studentesse delle Università e dai movimenti giovanili, come Girifna.
Il governo del presidente Omar al-Bashir ha reagito col pugno di ferro, come aveva fatto l'anno scorso con le proteste ispirate dalle rivolte dell'Africa del Nord. Nella capitale Khartoum ma anche a El Obeid, Omdurman, Port Sudan e Damazin, la polizia ha bloccato le manifestazioni partite dalle università facendo ampio uso di manganelli e lacrimogeni.
Gli arresti sono stati numerosi. La maggior parte si sono conclusi poche ore dopo, ma altre persone sospettate di essere tra gli organizzatori delle proteste sono tuttora in carcere e rischiano una condanna pesante. È il caso di Mohammed Hassan Alim, detto "Boshi", arrestato il 20 giugno a Khartoum. Non è la prima volta che viene preso di mira dalle autorità: lo scorso dicembre era rimasto in isolamento per 22 giorni dopo aver criticato pubblicamente uno dei principali consiglieri del presidente al-Bashir, Nafi Ali Nafi.
Nel tentativo di impedire la propagazione delle notizie, la polizia sudanese ha anche compiuto arresti di blogger e giornalisti, sia locali che della stampa estera. Il 19 giugno Simon Martelli, corrispondente della France Presse, è stato trattenuto e interrogato per 12 ore dai servizi di sicurezza di Khartoum prima di essere rilasciato. Stessa sorte, il 21 giugno, per Salma al Wardany (nella foto), corrispondente dell'agenzia Bloomberg, e Maha al Sanosi, blogger e attivista di Girifna.
Il presidente al-Bashir, che continua a governare il paese nonostante sia ufficialmente ricercato dalla giustizia internazionale (e dunque il più noto latitante del pianeta), ha liquidato i manifestanti come "pochi agitatori che bruciano pneumatici". Ma c'è chi dice che, dopo le grandi manifestazioni studentesche del 1984, quella di questi giorni sia la "primavera sudanese".