di Enrico Arosio

«Lavoravo in banca. Nel 2009 mi dissero: fuori, ti diamo il 70 per cento dello stipendio per cinque anni, quando arriverai alla pensione. Ho accettato. Ora invece resto senza un euro». La storia simbolo di Maurizio, 58 anni, fregato prima da Sacconi e poi dai tecnici

Scottato dal primo sole, t-shirt, calzoni corti, innaffiatoio in mano. Visto così, questo tipo muscoloso che dimostra meno dei suoi 58 anni, davanti all'albicocco del giardino, sembra un tedesco o un orticoltore, o un orticoltore tedesco. Errore. Maurizio Meneghelli di Isola della Scala, paesone tra le risaie e i frutteti a sud di Verona, dove un albergo si chiama Turismo e una pasticceria Desiderio, è stato tutta la vita in giacca e cravatta. Bancario dal 1974, finito il servizio militare, al primo gennaio 2009, quando è entrato in esubero presso la Cassa di Risparmio del Veneto, gruppo Intesa Sanpaolo. Da allora è fuori. Esodato. Più fortunato di altri, come vedremo, ma esodato.

Così ha scoperto il vestir semplice: "Le cravatte le ho dimenticate, mi sono abituato alla maglietta". Ed è tornato alla buona terra. Un po' di sana autoproduzione, per sé, la moglie casalinga, la figlia che sta per sposarsi: insalata, pomodori, melanzane, cipolle, sedano, erbe officinali. E l'albero di ulivo? "L'ulivo no, non lo sfruttiamo. Però facciamo le conserve, le marmellate, e la spesa dai contadini, qui ce n'è ancora tanti". Dalla banca all'orto: potrebbe essere il titolo di quella che ormai è la sua seconda vita.

Qual era dunque la prima vita di Meneghelli Maurizio, funzionario qd3 (quadro direttivo) del gruppo allora amministrato da Corrado Passera, oggi ministro, e con Elsa Fornero, oggi ministro, nel consiglio di sorveglianza? La riassumiamo: inizio a 21 anni alla banca Cattolica del Veneto, poi Ambroveneto, Banca Intesa, e infine, con la fusione Intesa Sanpaolo, alla Cassa di Risparmio del Veneto, banca del territorio. Ha lavorato sempre nel Nord-est, tra il Veronese, Vicenza, il Trentino. "E siccome ero intraprendente, mi sono occupato anche di organizzazione interna, di formazione aziendale, proprio nel periodo delle fusioni. Giravo in macchina per le sedi, con il vantaggio di un buon rimborso spese".

Dal Capodanno 2009, ad appena 55 anni, Meneghelli finisce in esubero. "Ho firmato quasi volentieri, fidandomi: mia moglie aveva un problema di salute, che poi si è risolto, e io ci tenevo ad assisterla al meglio". Stima: "In quell'ondata, dal gruppo saremo usciti in tremila". Gli garantirono un assegno di solidarietà, che copre il 70 per cento dell'ultimo stipendio, per cinque anni, fino al dicembre 2013. "In realtà, non godendo più dei rimborsi di trasferta", dice, seduto all'ombra nella sua villetta, "vivo con la metà dei soldi di prima".

La pensione doveva scattare il 1 gennaio 2014. "Così garantiva l'Inps, io stavo tranquillo", dice. E invece è arrivata una doppia fregatura: per una diavoleria della riforma Sacconi del 2010, governo Berlusconi, che ha introdotto le cosiddette "finestre mobili", il suo inizio pensione si è spostato a fine 2014. E con la riforma delle pensioni del ministro Fornero, questo buco di un anno, il 2014, rimarrà buco vero, senza alcun tipo di reddito: né assegnino né pensione.

Gli è andata ancora bene, si direbbe; ci sono esodati che avranno un buco nero di tre o quattro anni. "Bene mica tanto", replica Meneghelli: "Il calcolo di fine 2014 me lo sono dovuto fare da solo. Quando chiedo all'Inps, mi dicono: si rivolga al patronato. Nel mio caso mi assiste la Fabi, la Federazione autonoma bancari italiani, di cui riconosco l'impegno. Ma un'indicazione ufficiale, su quando inizierò a prenderla, la pensione, non l'ho mai avuta. E io non mi fido più, della Fornero. Questo buco del reddito, di un anno o di quattro, è una vergogna. Hanno smontato lo Stato di diritto. I signori ministri Passera e Fornero, quando erano dirigenti Intesa Sanpaolo, hanno raggiunto gli obiettivi, hanno fatto il budget. Loro hanno avuto i benefici; noi esodati l'ansia del futuro; e siamo migliaia e migliaia".

Meneghelli non è disperato: la mentalità del bancario non l'ha mai persa, per anni è stato risparmiatore oculato, formica e non cicala. Abita in 120 metri quadri, casa ereditata dal padre novantenne che sta lì a fianco, suo figlio grande ormai lavora, in un'azienda di ristorazione automatica. Ma non vive bene. Ha dovuto autoridursi. Famiglia monoreddito, moglie con guai di salute, l'assegno di solidarietà, fuori dal lavoro a 55 anni, ha dovuto abbassare tenore e aspettative. In una zona benestante come la Bassa veronese, certi cambiamenti contano. Lui è oggi un declassato del Nord-est.

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