di Paolo Venturi, Direttore AICCON e Sara Rago, AICCON Ricerca

Lo scenario sociale ed economico attuale pone fortemente in evidenza, a distanza di oltre quattro anni dall'inizio della crisi, il problema delle disuguaglianze, questione che la riforma del Federalismo fiscale (legge delega n. 49/2009) aveva l'obiettivo di affrontare anche attraverso il coinvolgimento del Terzo settore, in forza della previsione (art. 2) di una valorizzazione del principio di sussidiarietà orizzontale .
Se da un lato, quindi, l'opportunità per i soggetti dell'Economia civile di aumentare il proprio spazio d'azione attraverso il consolidamento dei diversi modelli regionali di welfare, è andata scemando, dall'altro si sono accentuate le caratteristiche preesistenti nei territori per cui le disuguaglianze storicamente sono cresciute e si sono diffuse e, di conseguenza, sono state ancor più evidenziate le problematiche sociali ed economiche all'interno delle quali l'Economia civile può dare il proprio contributo nel trovare soluzioni.

Come dimostrato da un recente rapporto OECD (2011) , inoltre, "la disuguaglianza dei redditi tra le persone in età lavorativa è aumentata drasticamente nei primi anni Novanta e da allora è rimasta a un livello elevato, nonostante un leggero calo verso la fine del primo decennio degli anni duemila. La disuguaglianza dei redditi in Italia è superiore alla media dei Paesi OCSE, più elevata che in Spagna ma inferiore che in Portogallo e nel Regno Unito. Nel 2008, il reddito medio del 10% più ricco degli italiani era di 49 mila e 300 euro, dieci volte superiore al reddito medio del 10% più povero (4 mila e 877 euro) indicando un aumento della disuguaglianza rispetto al rapporto di 8 a 1 di metà degli anni Ottanta".

A seguito delle politiche adottate negli ultimi decenni, inoltre, la questione delle disuguaglianze si è andata aggravando. Negli ultimi mesi, i livelli di disuguaglianza interni al paese si sono estremamente inaspriti a fronte del crescente problema della disoccupazione e della conseguente forte riduzione del reddito disponibile delle famiglie e della loro propensione al risparmio. Nella media del 2011, il tasso di disoccupazione è pari all'8,4% e si assesta al 9,3% nei primi mesi del 2012 (contro il 10,8% del livello europeo); tuttavia, il dato è ancora più preoccupante con particolare riguardo alla disoccupazione giovanile (15-24enni), categoria di riferimento rispetto alla quale il tasso è pari al 29,1% nella media del 2011 ed in crescita, ovvero al 31,9%, nei primi mesi del 2012 (contro il 21,6% dell'Unione Europea) (fonte: Istat).
Inoltre, le ripercussioni dei tagli della spesa pubblica in corso si avranno specialmente a livello territoriale, a seguito della redistribuzione di un ammontare sempre minore di risorse, sia in termini economici che di servizi erogati. Di conseguenza, chi avrà la possibilità (in termini di risorse monetarie) di cercare alternative private for profit si avvantaggerà sempre più rispetto a chi avrà una minore capacità di spesa individuale, andando ad incrementare in tal modo i livelli di disuguaglianza presenti sui territori.
Come in molti paesi OCSE, in Italia sanità, istruzione e altri servizi pubblici destinati alla salute hanno contribuito fino a questo momento a ridurre le disuguaglianze di reddito.

L'aumento delle disuguaglianze territoriali rischia di andare ad alimentare sempre più un diffuso sentimento di ostilità all'interno della società, da parte di "chi ha meno" nei confronti di "chi ha di più", ostilità che necessariamente mina il livello di coesione sociale.

Il tema della diseguaglianza nei territori, oltre a porre in primo piano la necessità di azioni redistributive a favore dei meno abbienti, evidenzia il bisogno di sviluppare politiche di tipo generativo, ovvero in grado di valorizzare - all'interno di una logica di azione sussidiaria - i soggetti della società civile organizzata (in tutte le sue espressioni). Questi ultimi, infatti, sono caratterizzati dalla capacità di garantire al contempo elementi di equità e di sviluppo e, di conseguenza, di alimentare la coesione sociale nei territori attraverso la produzione di legami di solidarietà.

Una crisi entropica, ovvero "di perdita di senso, di direzione", è impossibile da superare soltanto attraverso aggiustamenti di natura tecnica o con provvedimenti meramente legislativi e regolamentari atti a riformulino i meccanismi di funzionamento di Stato e mercato. Indispensabile è, invece, una re-introduzione all'interno all'azione economica e politica della dimensione del Civile, ovvero una ricollocazione della persona al centro del paradigma economico del paese.

I soggetti dell'Economia civile, rispetto a tali dinamiche, assumono un ruolo sempre più rilevante con particolare riferimento alla ridefinizione delle politiche sociali ed economiche. Contribuendo ad alimentare al contempo il livello di capitale sociale e civile del territorio e, conseguentemente, la coesione sociale al suo interno, i soggetti dell'Economia civile attuano un'azione di contrasto all'impoverimento dei territori - in termini di sviluppo sia sociale che economico.

L'Economia civile con le sue istituzioni si colloca all'interno della transizione da un modello di welfare state ormai obsoleto ad un welfare civile, mettendo in luce bisogni sociali nuovi, fortemente legati all'emergere di nuove povertà e al persistere di situazioni di disuguaglianza che si vanno aggravando all'interno della società. È proprio in questi spazi che i soggetti dell'Economia civile possono ristrutturarsi internamente e dentro il proprio settore, per affrontare in maniera adeguata la domanda di nuovi bisogni sociali, sempre più stringente e sempre più differenziata al suo interno, e al contempo orientare ed organizzare un mercato plurale, dal lato dell'offerta, volto a garantire un universalismo del sistema di welfare che il livello statale, agendo solitariamente, non è più in grado di offrire.

1 Principio già espresso dagli artt. 118 e 119 della Costituzione della Repubblica Italiana.
2 OECD (2011), Divided We Stand: Why Inequality Keeps Rising. Note sul paese: Italia, in: <http://www.oecd.org/dataoecd/51/35/49177743.pdf>.
3 Il valore massimo è relativo alle giovani donne residenti nel Mezzogiorno ed è pari al 44,6%.


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