Rio - 20 giugno
ll corpo delle donne e la Natura non sono merci di scambio. La Marcia Mondiale delle Donne attraversa Rio de Janeiro.
Le strade di Rio de Janeiro sono state invase dalla Marcia Mondiale delle Donne. Con i volti e i corpi dipinti, suonando strumenti musicali, amplificatori, bandiere, cartelli e molta grinta nel farsi sentire, migliaia di donne si sono riversate per le strade di Rio per rivendicare una società dove uomini e donne abbiano gli stessi diritti.
"In occasione della Marcia Mondiale delle Donne, lottiamo per superare la divisione sessuale nel lavori. Crediamo che sia possibile ristabilire una relazione armoniosa tra l'essere umano e la Natura e che le donne, con la loro esperienza secolare, abbiamo molto da dire su questo tema". Ha sostenuto Isabel Freitas, una delle organizzatrici dell'iniziativa.
Nonostante le insistenti richieste da parte delle organizzazioni che si occupano di diritti delle donne, è stato escluso, dal documento che verrà discusso a Rio+20, qualsiasi riferimento ai diritti delle donne. Paesi come il Vaticano, Russia, Honduras, Costa Rica, Cile, Egitto e Syria, si sono rifiutati di riconoscere alle donne il diritto di decidere del proprio corpo, che per loro significa semplicemente legalizzare l'aborto, dimostrando di non comprendere quale specifico legame ci possa essere fra donne e sviluppo e che sono proprio le donne le artefici nella costruzione di un futuro sostenibile.
"Ecco come è nata l'idea di questa Marcia Mondiale" - ha sostenuto Ana Paula Ferreira di ActionAid - "Visto che i leader di Rio+20 non danno molto spazio alle proposte che vengono dal Summit dei Popoli, abbiamo deciso di invadere le strade in modo che le nostre idee e le nostre proposte siano poste all'attenzione di tutti. Discutere un nuovo modello di sviluppo significa riconoscere che anche il lavoro di cura, che nelle nostre famiglie e comunità grava esclusivamente sulle donne, è una forma di economia che deve essere valorizzata" ha proseguito Ana Paula Ferreira. "Vogliamo un mondo dove ci sia uguaglianza sociale, il che vuol dire uguali salari ma anche uguale carico nei lavori in casa. Un vero cambiamento deve cominciare dalla ribellione alla cultura misogina che invade ogni aspetto del nostro quotidiano e dalla possibilità di riprendere il controllo del nostro corpo: che vestano un burqua o una minigonna le donne non devono essere trattate come oggetti sessuali ma come parti integranti della società, con gli stessi diritti degli uomini.
In questo scenario inusuale sono arrivati anche gli indios del' Amazzonia che hanno bloccato il traffico martedì mattina per protestare contro gli investimenti di banche e multinazionali che li costringono ad abbandonare le proprie terre e causano la deforestazione.