di Silvia Cerami
La vicepresidente del Senato Emma Bonino difende la legge sull'interruzione di gravidanza, sui cui mercoledì 20 giugno è chiamata a esprimersi la Consulta. "E' un tentativo maldestro di riportare l'Italia indietro di quarant'anni"
Emma Bonino Emma Bonino«Un tentativo maldestro di riportare l'Italia indietro di quarant'anni, ai tempi dell'aborto clandestino di massa». Per la vicepresidente del Senato Emma Bonino la richiesta del giudice tutelare di Spoleto di sollevare una questione di legittimità rispetto alla legge 194 che stabilisce la libertà di scelta della donna di interrompere la gravidanza «è una forzatura giuridica che ignora i diritti costituzionalmente protetti, come quello alla salute della donna».
Secondo la senatrice, che fin dagli anni '70 si è battuta per riconoscere questo diritto, «la legalizzazione funziona. Vale anche per l'eutanasia, le droghe, la prostituzione, ed è la verità più scomoda per i fanatici dello Stato etico che si incaponiscono nella difesa di vuote definizioni di vita e dignità senza curarsi delle conseguenze devastanti per le vite reali e la salute dei cittadini». Uno Stato etico in cui sono forti le ingerenze del Vaticano: «Il Papa fa politica, parla di leggi dello Stato, fa pressione sulle istituzioni. L'inizio e la fine della vita sono il terreno preferito dai clericali per l'esercizio del potere sui corpi».
Senatrice, il prossimo 20 giugno l'articolo 4 della legge sarà all'esame della Corte costituzionale. Che cosa ne pensa?
E' un tentativo maldestro di riportare l'Italia indietro di quarant'anni, ai tempi dell'aborto clandestino di massa, attraverso un uso ideologico e strumentale del termine "embrione". Sollevare un dubbio di legittimità costituzionale è un atto infondato: la definizione di "embrione" da parte della Corte europea non ha valore generale, ma è legata al divieto di brevettabilità del prodotto della ricerca sulle staminali embrionali. Il giudice italiano attua una vera forzatura giuridica, fingendo di ignorare diritti costituzionalmente protetti, come quello alla salute della donna, che è proprio quello che si è affermato in concreto in conseguenza della legalizzazione che ha salvato la vita e la salute a generazioni di donne.
Si tratta di una legge approvata dall'80 per cento degli italiani e da quando è entrata in vigore gli aborti sono diminuiti. Perché allora si continua a criminalizzarla?
Proprio perché è la dimostrazione che per governare un problema il proibizionismo è fallimentare, mentre la legalizzazione funziona. Vale anche per l'eutanasia, le droghe, la prostituzione, ed è la verità più scomoda per i fanatici dello Stato etico che si incaponiscono nella difesa di vuote definizioni di vita e dignità senza curarsi delle conseguenze devastanti per le vite reali e la salute dei cittadini. Nei Paesi in cui l'aborto non è regolamentato le condizioni di rischio in cui viene effettuato rappresenta uno dei principali problemi di salute pubblica. Secondo l'OMS, si tratta di una vera e propria pandemia: una donna che muore ogni otto minuti nel mondo a causa delle conseguenze di aborto. Per battere questo flagello servono tre elementi: informazione, prevenzione e assistenza sanitaria. Tre elementi impossibili da ottenere in condizioni di clandestinità.
Eppure il Papa ha recentemente ribadito: 'la legge vieti l'aborto'. Si può considerare un'ingerenza rispetto alla Corte costituzionale?
Il Papa fa politica, parla di leggi dello Stato, fa pressione sulle istituzioni. Questo è solo l'ultimo caso ma non dimentichiamo Welby e Englaro, o la macchina organizzativa messa in moto per far fallire il referendum sulla legge 40. Nessuno vuole impedire al Papa di parlare: lo fa già ogni giorno e a reti unificate, purtroppo senza che le televisioni concedano alcun diritto di replica a chi - sul piano teologico o politico - la pensa diversamente. Il nodo vero, nei rapporti tra Stato e Chiesa, è quello del Concordato e dei finanziamenti statali che la galassia vaticana percepisce. Non è possibile rivendicare il proprio ruolo di libera organizzazione religiosa e, contemporaneamente, esercitare un potere temporale statuale reso operativo sul territorio attraverso organizzazioni parastatali. Quando la religione è utilizzata come strumento di potere, sono proprio i cattolici ad essere due volte danneggiati: come cittadini e come cattolici.
I movimenti pro-vita vogliono sottoporla di nuovo a referendum. Secondo lei c'è la possibilità che sia cambiata la sensibilità rispetto al 1981?
Ho molta fiducia negli italiani e, se soltanto venisse per un minimo rispettato il diritto all'informazione, un referendum del genere non avrebbe alcuna speranza di passare. La disinformazione di massa operata nel nostro Paese ai danni dei cittadini rende tutto possibile, basti pensare al collasso della giustizia senza che ci sia un vero dibattito pubblico. Sull'aborto legale, così come su altre conquiste referendarie radicali, credo che negli anni si sia sedimentata una coscienza civile molto solida, della quale il potere italiano e vaticano hanno paura. Né la destra né la sinistra potrebbero reggere uno scontro frontale con i propri elettori su questo punto, se soltanto quegli elettori fossero per un minimo informati.
Non le sembra che la 194 sia già stata svuotata dal momento che secondo il ministero della Salute sono obiettori sette medici su dieci, con punte nel Sud del 90 per cento?
L'obiezione di coscienza si è trasformata nell'opposto, nell'imposizione di coscienza. Il movente è sempre meno etico e sempre più opportunistico. I medici si dichiarano obiettori spesso perché altrimenti subiscono vessazioni sul posto di lavoro. Poi però, privatamente, molti di loro praticano l'interruzione di gravidanza. Come Radicali non stiamo a guardare. L'Associazione Coscioni, insieme all'Aied, ha inviato a tutti i Presidenti e assessori alla sanità delle Regioni un documento sulle soluzioni da adottare per garantire la piena efficienza del servizio pubblico di IVG come previsto dalla legge: creazione di un albo pubblico dei medici obiettori di coscienza; elaborazione di una legge che definisca e regolamenti l'obiezione di coscienza; concorsi pubblici riservati a medici non obiettori per la gestione dei servizi di Ivg; utilizzo dei medici "gettonati" per sopperire urgentemente alle carenze dei medici non obiettori; deroga al blocco dei turnover nelle Regioni dove i servizi di IVG sono scoperti.
Nell'81 lei voleva estendere il diritto all'aborto anche al servizio privato, ampliando il limite dei 90 giorni. Può essere una misura da apportare per superare la questione dell'obiezione?
Sì, è una misura necessaria ora come allora.
RU486, pillola del giorno dopo, pillola dei cinque giorni rappresentano la possibilità di superare la 194 come aborto chirurgico? Nella prescrizione non esiste obiezione di coscienza.
Appunto, non deve esistere obiezione perché la pillola del giorno dopo e dei cinque giorni dopo non sono metodi abortivi bensì contraccettivi di emergenza. La legge non prevede l'obiezione di coscienza per la prescrizione e vendita di farmaci contraccettivi. Il medico deve prescrivere il farmaco se necessario, e il farmacista non può esimersi dalla vendita. Chi lo fa può essere denunciato.
Sembra che nel nostro Paese non si possa decidere né di diventare liberamente madri, visti i limiti della legge 40, né di non esserlo. E' così? Che fare?
L'inizio e la fine della vita sono il terreno preferito dai clericali per l'esercizio del potere sui corpi, molte volte basandosi anche sulla falsificazione e sulla censura di fatti scientifici. La legge 40 è un esempio: vieta la distruzione degli embrioni per cui non si possono estrarre linee staminali embrionali sul territorio italiano, ma i ricercatori le possono acquistare all'estero per studiarle in Italia. La Corte Costituzionale ha rimesso in mano ai giudici la decisione della legittimità costituzionale del divieto di eterologa precisando che non si crea vuoto normativo con la cancellazione del divieto stesso. E questo è un primo risultato positivo, ottenuto grazie ai ricorsi giudiziari. Ma c'è molto che si può fare per impedire che lo Stato Etico dilaghi. Ogni caso individuale si può trasformare in lotta politica e giudiziaria, con la forza della nonviolenza, come hanno fatto Luca Coscioni e Piero Welby.