di Mauro Munafò
Decine di milioni di euro della quota del gettito Irpef che i cittadini destinano alla ricerca e alle Onlus non sono state ripartite tra le associazioni. Che adesso protestano per i loro fondi, senza ricevere risposte dal Ministero dell'Economia
Quest'anno il tuo cinque per mille lo hai destinato allo Stato italiano: che ti piaccia oppure no. La quota dell'Irpef che i cittadini possono donare ad associazioni senza scopo di lucro, alla ricerca o ai Comuni ha infatti subito una misteriosa decurtazione di circa 80 milioni di euro, poco meno di un quinto della torta complessiva. Di più, questa riduzione e le sue motivazioni non sono mai state comunicate in via ufficiale, ma l'ammanco si scopre solo spulciando gli elenchi dei beneficiari del 5 per mille del 2010, l'ultimo anno di cui sono state da poco ripartite le quote.
La scoperta della riduzione, portata alla luce da un articolo del Sole 24 Ore, ha mandato su tutte le furie le associazioni del Terzo settore, che in pochi giorni hanno organizzato una petizione ed una raccolta firme per chiedere spiegazioni al Governo. Spiegazioni che, nonostante il calibro dei nomi coinvolti e ad alcune settimane dall'inizio della protesta, non sono ancora arrivate.
"Ad oggi abbiamo ripetutamente contattato il Ministero delle Economia che ha affermato di avere sott'occhio la situazione ma di non avere invece risposte. La ragioneria dello Stato si è trincerata dietro un no comment", spiega Stefano Arduni, caporedattore del settimanale Vita che ha lanciato la petizione. "Sono fondi che il contribuente destina direttamente alle associazioni e lo Stato dovrebbe fare solo da tramite: è una beffa per tutti i cittadini".
Controllando i documenti ufficiali, diffusi dall'Agenzia delle Entrate, si scopre che i conti proprio non tornano. Nel 2010 i fondi distribuiti sono passati a circa 375 milioni di euro complessivi, un calo netto dai 412 milioni del 2009 e dai 397 milioni del 2008. Colpa della crisi che ha fatto crollare le entrate? Niente affatto. Il gettito Irpef del 2010 è stato di poco superiore a quello del 2009 e quindi il calo di circa 50 milioni non trova giustificazioni fiscali e si scontra anzi con un aumento costante delle firme nel 5 per mille, passate dalle 14,6 milioni del 2008 alle 15,8 milioni del 2010.
Si arriva così al paradosso che se una onlus ha conquistato più firme rispetto all'anno passato ottiene comunque meno fondi. L'Associazione per la ricerca contro il cancro ad esempio ha ottenuto nel 2009 quasi 38 milioni di euro grazie a circa 874mila firme. Nel 2010, nonostante 926mila firme, i fondi incassati sono scesi a poco più di 33 milioni di euro. Discorso simile per il Wwf, che nel 2009 ha raccolto oltre un milione e centomila euro grazie a 34mila firme e nel 2010 ha portato le firme a 36mila e si è vista ridurre le donazioni a poco più di un milione di euro.
"Se queste riduzioni pesano per le associazioni e le istituzioni più grandi, minano ancora più seriamente il lavoro di quelle piccole e locali", continua Arduini, "Pensate a una onlus che si occupa del trasporto dei disabili in una città di provincia: una riduzione del 20% dei fondi significa dover lasciare a terra un quinto degli assistiti".
La raccolte firme promossa da Vita, e a cui hanno aderito Emergency, Save the Children, il Wwf, Medici senza Frontiere e oltre 2.500 tra cittadini ed associazioni, ha scaturito anche due iniziative parlamentari. Il deputato del Pd Andrea Sarubbi ha presentato un'interrogazione alla Commissione affari sociali alla Camera, mentre la collega del gruppo Misto Chiara Moroni ha presentato un'interrogazione al Ministro dell'Economia. Entrambe le richieste non hanno ad oggi ottenuto alcuna risposta.
Il 2012 si conferma così un anno nero per i rapporti tra Terzo settore e Stato italiano. Oltre al giallo del 5 per mille infatti, le decisioni del Governo Berlusconi e di quello Monti avevano già azzerato i fondi dell'otto per mille statale da destinare a progetti delle onlus. I centocinquanta milioni raccolti dallo Stato con l'otto per mille e che, per legge, dovrebbero finanziare interventi umanitari e culturali, sono finiti in edilizia carceraria e aerei della protezione civile. Magra consolazione, ma almeno quelli si sa dove sono finiti.