Il navigato venture capitalist statunitense è stato ospite del ministro Profumo e ha partecipato a un evento di innovatori. A Wired.it ha spiegato come e perché l'Italia può rialzarsi.

Silvio Gulizia

Da quando il tema delle startup è divenuto mainstream non si fa altro che parlare di ecosistema. Grazie anche al sostegno del governo che ha promesso di intervenire per decreto entro fine mese. Oggi a Roma, all'interno dell'Opificio Telecom, ospiti di Working Capital per un evento organizzato insieme a Indigeni Digitali, Verso una Italian Rainforest, si sono ritrovate alcune delle persone che credono nella possibile creazione di un ecosistema italiano dell'innovazione. Guest star dell'incontro è stato Greg Horowitt, venture capitalist con una lunga esperienza alle spalle, consulente della Banca Mondiale, co-fondatore e direttore di Global Enterprise of Global Connect e co-autore del libro Rainforest: the secret to building the next Silicon Valley.

Greg è un evangelizzatore, uno che negli ultimi undici anni ha girato il mondo raccontando i presunti segreti della Silicon Valley e dopo aver visto che chi li applicava aveva successo ha messo nero su bianco la teoria della foresta pluviale. Ieri ha illustrato lo schema al ministro dell'istruzione Francesco Profumo e oggi alla platea dell'evento parlando degli attori della foresta pluviale e come questi siano chiamati a dialogare direttamente fra di loro per dare vita all'ecosistema dell'innovazione. Noi l'abbiamo fermato per farci raccontare qualcosa di più .

Allora Greg, cosa ne pensi dell'Italia?

"Credo che abbia un potenziale enorme perché ha alle proprie spalle una storia di pensatori creativi. Penso alla vostra industria del design o dell'auto-motive. Inoltre avete una grande attenzione alla qualità dei dettagli e non solo nella progettazione, ma anche nella realizzazione dei prodotti. Penso che le radici per creare un sistema innovativo ci siano già".

Qui da noi si dice sempre: mancano i soldi. Credi che siano una risorsa fondamentale?

"I soldi sono solo un mezzo. I soldi da soli non valgono nulla. Avete bisogno di smart money: quando qualcuno investe in una startup la cosa più importante non sono i soldi, ma quello che conosce e chi conosce. È questo che crea tutto il valore. I soldi sono solo qualcosa di cui c'è bisogno per fare le cose. Occorre costruire partnership intelligenti, perché se i soldi non ci sono possono arrivare dall'estero, ma perché ciò accada servono contatti di cui potersi fidare".

Cosa ne pensi delle persone che hai incontrato in Italia?

"Sono fenomenali. Esattamente quello che mi aspettavo, perché conosco gli italiani da un po'. Coinvolti, pronti per cambiare lo status quo perché non sono soddisfatti di quello che c'è. Noi ci troviamo in una curva in cui le cose cambiano, perché si combinano tre fattori: la crisi, che è una chance per rinascere, la fine di un mandato e la ruota sociale che ha cominciato a girare. Purtroppo voi italiani siete focalizzati su quello che non avete e non su quello che potete fare con quello che avete. Occorre più ottimismo".

L'ecosistema di cui tanto si parla dovrebbe essere creato sotto la guida del governo o dovremmo fare da soli?

"Ovviamente dipende dai vari paesi. La soluzione migliore sarebbe avere una buona partnership fra pubblico e privato. Il governo è importante se capisce quello che può fare e come. Ha una straordinaria piattaforma per comunicare e può ispirare le persone, ma al tempo stesso non dovrebbe essere coinvolto nel fare le cose, dovrebbe solo preoccuparsi di consentire che i cittadini le possano realizzare".

Una delle frasi più citate quando si parla di queste cose è: " Stay angry, stay foolish". A Italian Rainforest di persone sul palco con queste caratteristiche abbiamo visto solo Marco De Rossi e Annibale D'Elia. Tu pensi che i giovani italiani siano affamati e folli?

"Non lo so, non ne conosco abbastanza. Però so che dovete coinvolgere di più questi giovani folli che vogliono cambiare il mondo. La cosa più interessante di loro è che pensano come se vivessero fuori dal contesto. Per loro il contesto non esiste ed è per questo che riescono a pensare a cose visionarie. Noi americani amiamo lavorare con questo tipo di persone. Molti dei nostri imprenditori hanno 25 anni. Noi diciamo che una cosa non si può fare e loro ci sfidano: ' Perché no?' Così si crea un attrito e ci sono molti scontri, ma questo attrito genera l'energia che alimenta il sistema. Ovviamente questo non funziona in tutti i settori, ma nella tecnologia funziona".

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