di Enrico Castellano
Scrivo per raccontare la mia esperienza pratica di investitore e imprenditore, e condividere le mie riflessioni circa i cambiamenti che ritengo prioritari per favorire lo sviluppo economico in questo Paese.Dopo 25 anni di lavoro in un contesto che conosce bene, quello della consulenza internazionale, ho avuto la fortuna di potermi ritirare poco dopo i 50 anni con un discreto patrimonio per iniziare una "second life".
Se questi erano i vantaggi che la mia esperienza mi aveva procurato, purtroppo non mi aveva permesso di conoscere realmente l'Italia, e in particolar modo i veri ostacoli che soffocano chi cerca di fare impresa, e soprattutto di iniziare da zero, e quindi "dal basso", a farla.
Ora sono impegnato su temi che ritengo utili ma anche motivanti e divertenti. Il primo è il finanziamento di start-up innovative, come uno dei co-fondatori di Italian Angels for Growth, sicuramente il più importante Gruppo di Business Angels in Italia, ma anche uno dei più importanti in Europa.
Il secondo è uno sforzo nella rete dei giovani talenti italiani (molti dei quali creatori di start-up) per valorizzare la loro esperienza e in particolare l'interazione fra i "talenti fuggiti" e quelli rimasti, che ritengo essenziale per quella rivoluzione culturale indispensabile per l'Italia e per la quale questo è il primo governo che dopo troppi decenni mi sembra voglia
lavorare.
Ma anche in queste attività non sono riuscito a toccare veramente con mano i veri problemi che in Italia ostacolano lo sviluppo. Dove ci sono riuscito è in un'avventura iniziata un po' incoscientemente quasi 7 anni fa, e che sta ormai sottraendo tutte le mie risorse non solo a iniziative che vorrei curare meglio, come quelle sopra citate, ma anche agli impegni cui dovrei dedicare almeno un po' di tempo, quelli personali e familiari.
Questa avventura, che sta diventando un vero incubo, è il restauro di un antico palazzo nobiliare nel Piemonte del Sud per farne una struttura ricettiva di pregio. E' in questo sforzo, sia nel cantiere, iniziato poco meno di 7 anni fa e finalmente in dirittura d'arrivo, che per anni ha dato lavoro ad almeno 50 persone, sia nell'attività ricettiva, parzialmente iniziata da quasi 3 anni, e ormai a regime con più di 20 giovani, che ho finalmente avuto modo di "capire".
Sono tante le cose che servono in Italia, e sono consapevole di come questo Governo ci stia finalmente lavorando, ma quello su cui volevo insistere è un altro tipo di interventi, importanti per affrontare quello che nella mia esperienza è il problema principale e perché, in un contesto dove tutti si dannano perché "non si possono fare interventi per lo sviluppo a costo zero", sarebbero invece a "costo negativo".
Sto parlando della rimozione degli ostacoli, e in particolare quelli che arrivano dalla Pubblica Amministrazione. In passato avevo chiaro il problema a livello teorico: ad esempio anni fa, in una serie di riflessioni fatte a Stanford su cosa fare per creare una "Silicon Valley in Italia", la conclusione fu appunto che si poteva fare qualcosa, ma che la priorità doveva andare a cosa "smettere di fare".
Basterebbe, si diceva, prendere la storia dei primi anni di Hewlett Packard, Cisco, Google, Apple, e immaginarsi questa si fosse svolta in Italia, pensando a cosa avrebbe potuto "ucciderle nella culla": non sarebbe stato difficile individuare gli ostacoli da rimuovere.
Solo ora però la mia conoscenza è diventata pratica, perché ne porto tutte le cicatrici: nella mia attuale impresa, considerando il tipo di intervento di ristrutturazione, ma anche il tipo di attività, "li ho proprio incontrati tutti". Non sto qui a fare l'elenco degli Uffici né a dilungarmi sulle casistiche o a raccontare aneddoti che, se non fossero vissuti sulla propria pelle, sarebbero eccezionali barzellette.
Del resto sono storie che ogni tanto si sentono raccontare, quando non diventano libri (penso al gustosissimo "Volevo solo vendere la pizza"). Storie che purtroppo oggi tornano sulle prime pagine dei giornali con la raffica di suicidi di piccoli imprenditori ridotti alla disperazione.
Spero di non finire come loro, ma capisco molto bene la rabbia e la disperazione di chi, onesto, si trova in balia di funzionari pubblici che hanno perso ogni etica e senso di giustizia. Quando si raccontano questi episodi di disperazione, solitamente si parla di fisco, ma questo è solo uno dei casi: molte sono le Amministrazioni che se ne infischiano (per scelta o per incapacità) della realtà oggettiva (spesso identificandola solo con la forma) e, interpretando ottusamente leggi e norme complicate e piene di cavilli, fanno dei danni enormi per i fini più diversi (dalla necessità di "fare cassa" al semplice scarico di responsabilità, al gusto, tipico dei mediocri, di esercitare il loro piccolo potere per prevaricare il prossimo).
Col risultato di colpire proprio chi cerca di agire col massimo impegno e si focalizza sulla qualità del proprio lavoro, non sapendo giocare, a differenza dei disonesti, a un gioco per il quale non ha nessuna competenza e affinità, né etica, né culturale. Col risultato quindi, di lasciare "grandi spazi" proprio per i disonesti e i "furbi", compromettendo nella pratica proprio i nobili obiettivi dichiarati quando leggi e norme si scrivono e si applicano.
Questi comportamenti deleteri (De Bortoli in una lucida analisi ha recentemente parlato di "spesa pubblica immensa discarica abusiva dei nostri difetti nazionali") costituiscono secondo me il più grande ostacolo allo sviluppo del Paese, perché abbinano a una posizione di potere che incute soggezione (e porta troppe volte le vittime a nascondere il problema cercando compromessi per trovare una via d'uscita ed evitare future ritorsioni) una grande ignoranza sul reale funzionamento delle attività economiche sulle quali influiscono (come ad esempio dimostrato dalla totale incapacità di considerare la variabile tempo).
Venendo a iniziative e progetti del governo, a sentire il dibattito in corso ho la sensazione che si intervenga ignorando la realtà sopra descritta, che si sia drammaticamente lontani dalla vita vissuta di chi, in trincea, tenta di "fare sviluppo", pensando al solito che il problema siano le leggi e le norme. Si rischia così di cercare di "curare il cancro con l'aspirina", e se non si capisce veramente la natura del male che ci affligge e la diffusione delle sue metastasi, la crescita rimarrà una bella intenzione.
Se si incidesse invece veramente, sia con la chirurgia (rivoltando molti Uffici come calzini e cacciando burocrati ottusi o disonesti che fanno tanti danni), sia con la terapia (uno sforzo di formazione e di riorientamento dei comportamenti che, come per tutti i cambiamenti, deve basarsi sulla consapevolezza che solo il trauma della chirurgia può favorire), la crescita sarebbe possibile senza tanti decreti, e non solo senza spendere soldi pubblici, ma anche risparmiandone parecchi.
Azioni assolutamente sinergiche con la Spending Review, analizzando benefici e "malefici" delle diverse attività. Quindi altro che perplessità sulla nomina di Bondi: di Bondi ne servirebbero decine, una vera task force non solo dedicata agli acquisti, ma con l'autorità di incidere sulla carriera dei funzionari pubblici senza guardare in faccia nessuno.
Se non si debella il cancro, se non si cambia la "testa" alla burocrazia, i decreti semplificazione come i decreti
sviluppo o altre nobili iniziative sono fatica sprecata; gli investimenti, sia pubblici che privati (che diminuiranno sempre più) sono inutili o, come ci dice l'economista cinese Andy Xie, beneficenza.
Con la differenza che almeno la beneficienza va ai bisognosi, mentre qui al solito ne beneficerebbero i meno meritevoli, i tanti (ricchi o poveri, nel privato o nel pubblico) che, seduti sulle proprie rendite di posizione, sottraggono risorse al Paese, ormai incapaci anche solo di concepire cosa voglia dire "guadagnarsi il pane" (non nel senso di lavorare, ma nel senso di alzarsi ogni mattina con l'assillo di produrre un prodotto o un servizio per il quale si trovi qualcuno disposto a pagare).
Concludo assicurando che la disperazione che citavo parlando dei tanti imprenditori che hanno reagito con la tragica scelta del suicidio non mi è causata tanto dalle difficoltà personali, ma dalla rabbia che deriva dal vedere quotidianamente come questo Paese, nonostante le difficoltà, continui a perseverare nei propri difetti, e anzi li peggiori, dal vedere quante ingiustizie la Pubblica Amministrazione causi ogni giorno.