Le monocolture intensive hanno spesso ricadute pesanti sull'habitat che le ospita, il suolo s'impoverisce e la biodiversità si riduce. Nel caso del riso poi, le secche artificiali sono fatali per la fauna acquatica, in più il ricorso a pesticidi e concimi chimici completa l'opera. Eppure un'alternativa sostenibile per coltivare questo prezioso cereale esiste e ad individuarla è stato proprio un italiano: Mario Valsesia, ideatore della tecnica Riso secondo natura, che pratica nell'azienda agricola Molinia a Brusnengo, vicino a Biella. Il suo metodo si basa sul principio della non-azione: la natura la sa più lunga dell'uomo, lasciamola lavorare. E infatti Mario si affida solo a tre macchine: un rotolama per preparare il terreno, che interra le erbe invece di eliminarle chimicamente; una piccola mietitrice, modificata per la raccolta a strappo (in questo modo le paglie restano sul campo, arricchendolo di sostanze nutritive); un essicatoio solare, che combina pannelli solari e fotovolatici.
Il risultato è che quantitativamente la produzione è la stessa rispetto alla risicoltura tradizionale ma tempi, costi, consumi e inquinamento sono notevolmente ridotti. All'inizio nessuno credeva che potesse farcela, i risultati però alla fine gli hanno dato ragione. Riso secondo natura produce infatti un terzo della CO2, utilizza appena un sesto del combustibile per preparare il terreno (10 litri di gasolio per ettaro contro 60) e per l'essicazione basta il sole, zero consumi e zero emissioni. Tanto che la sua tecnica ha vinto il Premio Innovazione Amica dell'Ambiente di Legambiente, è stata studiata e promossa dall'Università di Milano e oggi si applica in diverse aziende anche fuori dall'Italia. La certificazione più importante però arriva dalla natura: gli uccelli, invece di andarsene, hanno scelto le risaie di Molinia come casa. Cicogne nere, tarabusi e una volta anche gru, arrivate dal Nord.