Scritto da  Emanuele Fantini

"Dinsintermediazione": è attorno a questa parola, brutta e difficile per sua stessa ammissione, che ruota il libro "Avanti Popoli! Piazze, tv, web: dove va l'Italia senza partiti" di Alessandro Lanni, caporedattore della rivista Reset. Lettura quanto mai attuale per riflettere sulla trasformazione delle modalità di partecipazione politica e di come queste si intersecano con i cambiamenti nel mondo della tecnologia e dell'informazione.

Il libro, uscito alla fine dello scorso anno, sostiene una tesi che oggi in pochi oserebbero mettere in discussione: i riferimenti all'idea di "popolo" che negli ultimi anni ha contraddistinto diversi fenomeni politici italiani, dal Berlusconismo al Popolo Viola, passando per il Movimento 5 Stelle e la protesta dei Post-it contro la legge bavaglio, sono il sintomo della crescente insofferenza per la mediazione delle tradizionali forme di organizzazione politica, partiti e sindacati in primis. Lanni sottolinea anche l'incapacità da parte di questi ultimi di comprendere le logiche della rete per tentare di offrirne una rappresentanza legittima e convincente, testimoniata dalla difficoltà, per non dire dalla goffaggine, con cui partiti tradizionali e ceto politico si accostano a questi fenomeni. Difficoltà puntualmente sbeffeggiate dagli utenti e dai protagonisti del web 2.0.

 

Al "popolo dell'acqua", nel libro, viene fatto soltanto qualche accenno, nel contesto di un popolo più ampio, quello "del referendum". Tuttavia, "Avanti Popoli" offre alcuni spunti interessanti anche per approfondire l'analisi delle mobilitazioni degli ulti anni a favore dell'acqua bene comune.

 

Il movimento per l'acqua presenta infatti diversi dei tratti che Lanni attribuisce ai nuovi popoli che animano la politica italiana: si tratta di un "one issue based movement" con una struttura snella e diffusa sul territorio attraverso comitati; vi è un rifiuto del "cappello dei partiti" sulla mobilitazione; dalla campagna referendaria in poi si caratterizza per una vivace presenza sul web. Ma soprattutto è vissuto dai militanti come occasione e pratica di nuove forme di azione politica.

 

Al tempo stesso, l'esperienza e l'originalità del movimento per l'acqua in Italia presenta diverse caratteristiche che rimettono in causa alcune delle tesi di Lanni, invitando ad un'analisi che vada al di là della categoria generale di "popolo" per cogliere specificità ed originalità delle singole esperienze, anche per meglio comprenderne successi o limiti.

 

Innanzitutto l'esperienza dei movimenti per l'acqua invita a prendere in considerazione la traiettoria storica dei differenti "popoli". Anche i movimenti dal basso spesso non sono spontanei, ma si innestano su percorsi politici e sociali, di singoli individui, gruppi e associazioni. Benché sia stato assunto all'onore delle cronache nazionali soltanto in occasione del referendum, il movimento per l'acqua è ad esempio attivo da più di dieci anni. Tra i pochi rivoli del movimento no global ancora attivi, ha saputo allargare la sua rete coinvolgendo a seconda dei contesti locali e delle battaglie, una pluralità di attori: enti locali, alcune componenti del sindacato, associazioni ambientaliste, ong, comitati civici, organizzazioni di consumatori, scout, parrocchie,? Restiuire la profondità e la storicità del fenomeno aiuta anche a relativizzare l'importanza di Internet e dei social network come principale spazio alternativo di mobilitazione e partecipazione politica.

 

In secondo luogo la questione della leadership e delle strutture: i "popoli" descritti da Lanni abitano le nuove piazze reali o virtuali, abbandonando strutture articolate e affidandosi in diversi casi al carisma di leader mediatici come Berlusconi o Grillo. Il popolo per l'acqua ha invece una sua leadership, a livello nazionale come locale, non mediatica e non personalistica, che rappresenta comunque un punto di riferimento per il resto del "popolo" in virtù dei percorsi di militanza e delle idee espresse: Riccardo Petrella ed Emilio Molinari del Contratto Mondiale dell'Acqua, Marco Bersani di Attac, Alex Zanotelli per il suo profilo morale, ? A cui di recente si sono aggiunte quella di alcuni giuristi militanti, come Ugo Mattei e Alberto Lucarelli, oggi assessore ai beni pubblici del comune di Napoli. Ciascuno importante per il suo contributo specifico, ma nessuno indispensabile e insostituibile, soprattutto agli occhi dei militanti.

 

Proprio il percorso di Alberto Lucarelli, evidenzia un'altra particolarità, per quanto riguarda il rapporto con le istituzioni e con la politica. Infatti, se da un lato il movimento per l'acqua è stato caratterizzato nelle sue fasi più salienti - la raccolta firme e la campagna referendaria - dal rifiuto della partecipazione ufficiale dei partiti politici, dall'altro continua a ricercare e coltivare un dialogo con le istituzioni, non fosse altro che perché nelle sue file militano numerosi amministratori locali: le attività di lobbying presso i consigli comunali, provinciali e regionali per riconoscere l'acqua come bene privo di rilevanza economica, le pratiche di mailing bombing nei confronti di deputati e senatori, la stessa legge di iniziativa popolare per la ripubblicizzazione dell'acqua, o i percorsi avviati in tal senso a livello locale, sono esempi di riconoscimento del ruolo e delle prerogative delle istituzioni elette. Certo non si tratta di una delega in bianco, ma piuttosto della ricerca di nuove forme e canali di rappresentanza, come dimostra ad esempio il confronto dialettico del movimento con uno dei politici e amministratori locali ad esso più vicino, il presidente della regione Puglia Nichi Vendola. Anche le pratiche di quei cittadini che, ad Aprilia, Nola ed altri comuni italiani, si rifiutano di pagare le bollette alle nuove S.p.a. private o pubblico-private che gestiscono l'acqua e continuano a versarle nelle casse del comune, sembrano segnalare innanzitutto la richiesta di un'assunzione di responsabilità da parte delle istituzioni pubbliche, invece della delega, esternalizzazione o privatizzazione della cura del bene comune.

 

Infine il "popolo dell'acqua" sembrerebbe segnalarsi per la presenza di un "collante ideologico" la cui assenza, secondo Lanni, in altri casi sembra ostacolare una sintesi della pluralità del popolo, determinandone sovente il carattere effimero e la scarsa capacità di incidere nel concreto. Questo collante, riassumibile nei concetti di acqua come diritto umano e bene comune dell'umanità, da gestire in base ai principi di democrazia e sostenibilità, è il frutto di un capillare lavoro di animazione culturale, educazione nelle scuole, e di "riscoperta dell'acqua" a livello locale avviato alla fine degli anni '90. Lavoro collettivo, ma frutto di alcune intuizioni della leadership del movimento, coltivate grazie anche ai saperi e all'impegno ad esempio delle ong di cooperazione allo sviluppo in materia di educazione alla cittadinanza mondiale. Non è dunque un caso che il tema dell'acqua, anche in occasione della campagna referendaria dell'anno scorso, sia stato declinato non solo in termini di mera gestione tecnica di un servizio pubblico locale, quale quello idrico, ma come battaglia paradigmatica per la democrazia e la giustizia sociale, con diversi riferimenti alle tematiche internazionali, culturali e spirituali.

 

Per capire "che cosa resterà della democrazia che c'era una volta", come si chiede Lanni a conclusione del suo volume, occorre dunque un'analisi approfondita dei vari popoli che stanno contribuendo alla sua trasformazione.

Per quanto riguarda l'acqua, inizieremo a discutere qualche ipotesi di ricerca e suggerire qualche analisi con un seminario all'Università di Torino, il 14 giugno.

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