Il Cese: il 2015 anno per lo sviluppo. L'intervento di Luca Jahier

di Luca Jahier*

In occasione della 23ma Sessione dell'Assemblea parlamentare paritaria ACP - UE (Horsens, Danimarca) il CESE ha rilanciato la proposta di designare il 2015 come Anno europeo per la cooperazione allo sviluppo.

La proposta iniziale venne formulata diversi mesi or sono dalla piattaforma europea delle ONG, Concord, ed ha trovato sin dall'inizio un sostegno decisivo da parte del Comitato Economico e Sociale Europeo, che ha fatto proprio la richiesta di istituire un tale Anno europeo in un suo parere dello scorso autunno. Poche settimana dopo, il Commissario europeo Andris  Pielbags, con delega alla Cooperazione allo Sviluppo si associava a tale iniziativa e così anche la Presidenza del Comitato delle Regioni. Lo scorso 29 marso infine, durante il suo intervento alla Assemblea plenaria del CESE, il Presidente del Parlamento europeo, Martin Shultz, dichiarava il suo aperto sostegno a questa iniziativa. Nelle scorse settimane si è così costituita, con l'attenta regia del CESE, una specifica task force inter-istituzionale, volta ad ottenere una decisione congiunta favorevole per l'istituzione di tale Anno europeo da parte del Consiglio europeo e del Parlamento, con la sigla ormai comune tra gli addetti ai lavori di EY2015DEV.

Quali sono le motivazioni principali per un tale anno europeo?

2015 è l'anno in cui la comunità internazionale ha fissato l'impegno di conseguire gli obiettivi del millennio (MDGs). Dovrebbe essere il punto culminante di una valutazione corale dei risultati raggiunti e della definizione di una nuova strategia e degli obiettivi per la decade successiva.

Il 2015 sarà inoltre anche l'anno in cui si dovrà condurre la seconda revisione intermedia dell'applicazione dell'Accordo di Cotonou, che lega i paesi europei ai pesi ACP, il più grande, storicamente più rilevante e consistente, accordo di cooperazione internazionale, che prese avvio con la Convenzione di Yaoundé nel 1963  prosegui poi con le 4 Convenzioni di Lomé, la prima delle quali fu firmata nel 1975. Tutti sanno che in verità questa revisione sarà solo formale, non essendoci più il tempo per le necessarie ratifiche prima della scadenza finale dell'Accordo nel 2020. E pertanto questa revisione sarà il vero momento di discussione sulle linee di fondo che dovranno informare  l'avvio dei negoziati (sin dal 2017) per il nuovo Accordo ventennale. E molte questioni saranno sul tavolo, dal futuro del quadro ACP, ai nuovi assetti geopolitici internazionali, dal bilanciamento tra le logiche finanziarie e commerciali e quelle delle politiche economiche e sociali per giungere alla possibilità di un decisivo rafforzamento del quadro regionale, e tra questi dell'accordo strategico tra Unione Europea, Unione africana e area del mediterraneo, per controbilanciare il peso crescente della Cina e degli altri BRICs sulla scena internazionale.

Inoltre, secondo le cifre dell'Eurobarometro, circa 20 milioni di cittadini europei sono oggi direttamente implicati nel lavoro di ONG di sviluppo e aiuto umanitario, circa 130 milioni  (un quarto dei cittadini europei)  effettuano annualmente almeno una donazione verso tali finalità e il 72% della popolazione europea sostiene tutt'ora, malgrado la crisi economica che si aggrava ovunque nel continente, l'idea di aiutare concretamente e con adeguati stanziamenti le popolazioni dei paesi con i più bassi indicatori di sviluppo. Una tenuta di consenso e proiezione solidale impressionante, che ci dice che nelle opinioni pubbliche europee tiene una proiezioni sul lungo termine davvero più lungimirante e solida di tanti dibattiti della politica quotidiana.

Se così fosse deciso, un tale Anno europeo per la cooperazione allo sviluppo, sarebbe inoltre il primo che si focalizzerebbe su questioni che hanno un impatto maggioritario su paesi e condizioni di vita di popolazioni che stanno fuori dai confini europei e così, finalmente, la dimensione delle relazioni esterne dell'Unione europea diventerebbe un soggetto di larga diffusione nelle nostre opinioni pubbliche. Sarebbe un modo concreto per riaprire così una vera finestra di solidarietà sul mondo da parte dell'Europa, recuperando la stessa visione e missione originaria che era contenuta nella Dichiarazione Schumann, alle origini della Ceca.

L'Europa è ancora oggi il più importante donatore a livello mondiale  e il CESE è del tutto convinto che una tale iniziativa possa riaprire ponti di fiducia e di sincera collaborazione tra i popoli, rappresentando anche una spinta considerevole a trovare anche delle soluzioni concrete alla pesante crisi economica e sociale in cui versa l'Europa. Come ai tempi della fondazione del progetto europeo, le soluzioni si trovano sempre proiettandosi, pacificamente, fuori le mura. E questa è stata anche la positiva reazione di molti parlamentari europei e dei tre continenti dell'area ACP (Africa, Caraibi e Pacifico) dell'Assemblea paritaria.

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