La confusione regna nel Nord-Kivu e la popolazione ne soffre molto. Tutti i gruppi armati, senza distinzioni, rubano, fanno violenza a donne e bambini, uccidono. La gente scappa. Alla periferia di Goma si sono formati campi di rifugiati: in quattro giorni sono arrivate 15.000 persone, soprattutto anziani, donne, bambini. I soccorsi tardano ad arrivare. Abbiamo condotto una piccola inchiesta in un campo profughi, dove abbiamo recensito 66 bambini vittime di malnutrizione di cui 7 in uno stato grave. Abbiamo accolto questi ultimi nel nostro Centro per le cure appropriate: i bambini ospitati all'orfanatrofio sono passati in qualche giorno da 54 a 75. Per gli altri, stiamo cercando di riaprire un Centro Nutrizionale vicino al campo, sotto la direzione della Caritas diocesana.
Abbiamo pure accolto una ventina di ragazzi ex soldato: erano in cura in un CTO (Centro Transitorio di Orientamento) gestito dalla Caritas a Rutshuru, a 80 km a nord di Goma. Sono 18 ragazzi e una ragazza, trattenuti nel CTO perché erano stati traumatizzati dalle esperienze vissute. Con l'aiuto di uno psicologo stavano riacquistando una certa serenità: gli spari e i colpi di mortaio dello scontro tra FARDC e ribelli li hanno rimessi in crisi. Il direttore della Caritas ci ha chiesto di ospitarli a Ngangi in attesa della fine dei combattimenti.
La situazione in Goma città è tranquilla, gli allievi preparano gli esami di fine d'anno. Ma al Centro Don Bosco non mangiano più, dato che il PAM (Programma Alimentare Mondiale) ha ridotto drasticamente la distribuzione di cibo "per esaurimento delle riserve". E la guerra nei dintorni di Goma ha ridotto di molto l'arrivo dei prodotti agricoli, con il conseguente aumento dei prezzi. Pensiamo che nei prossimi giorni la gente farà sempre più fatica a sopravvivere.
Il Centro Don Bosco continua ad offrire il suo aiuto ai vulnerabili che bussano alla sua porta, senza distinzione di colore o di etnia o di religione o di altro. E' chiaro che l'aiuto che possiamo dare è proporzionato ai nostri mezzi. Per questo, ogni aiuto, anche modesto, che riceviamo dall'Italia è prezioso.
Da una ventina di anni, l'est della RDC - a causa della ricchezza del suo sottosuolo, a causa della prossimità con il Ruanda e l'Uganda - è in balia di movimenti di ribellione e di guerriglia. Si parla oggi di Bosco Ntaganda. Riassumo da varie fonti giornalistiche. Originario del Masisi (una regione a nord-ovest di Goma), Bosco Ntaganda era il collaboratore del capo ribelle Thomas Lubanga - condannato ora dalla Corte Penale Internazionale (CPI) -, durante la guerra interetnica tra Hema e Lendu che aveva in realtà lo scopo di controllare le ricche zone minerarie dell'Ituri. Forma poi la sua propria milizia, prima di integrare la ribellione del Congresso nazionale per la difesa del popolo (CNDP) del generale Laurent Nkunda nel Nord Kivu. Il 23 marzo 2009 un accordo di pace mette fine alla ribellione, le milizie del CNDP vengono integrate nelle Forze armate della Repubblica democratica del Congo (FARDC). Ma, di fatto, l'integrazione non esiste, le milizie del CNDP continuano ad agire in un modo molto autonomo, pur chiamandosi FARDC.
Dal 2006, il procuratore della Corte Penale Internazionale (CPI), Luis Moreno, ha chiesto l'arresto di Bosco Ntaganda ed il suo trasferimento all'Aia per essere giudicato. Kinshasa non ha mai risposto rievocando particolarmente "il suo contributo alla firma dell'accordo di pace tra i governi ed i gruppi armati dell'est nel 2009". Probabilmente, Kinshasa temeva che le rivelazioni che avrebbe potuto fare Bosco Ntaganda potessero rivelarsi compromettenti per molti.
Quando, qualche mese fa, i governi occidentali fanno pressione sulle autorità di Kinshasa perché eseguano la decisione della CPI, il governo reagisce decidendo di spostare l'esercito del Nord-Kivu in un'altra regione. Bosco Ntaganda non ubbidisce, il suo esercito si ammutina. L'11 aprile 2012, il presidente Kabila annuncia che ha l'intenzione di fare arrestare Ntaganda che fino ad alcuni giorni prima viveva tranquillamente a Goma. L'esercito congolese sferra un'offensiva nel Masisi, dove ricupera venticinque tonnellate di armi e di munizioni nella fattoria del generale Ntaganda. I ribelli si spostano verso la frontiera con il Ruanda e l'Uganda. Intanto, il generale Sultani Makenga, collaboratore di Ntaganda che dirigeva le operazioni condotte al Sud Kivu contro i ribelli hutu, si ammutina anche lui, insieme con altri ufficiali del CNDP e fonda un nuovo movimento ribelle, l'M23 (Movimento del 23 marzo), per ridinamizzare, dice, l'accordo di pace concluso tre anni fa. La guerra ha ripreso in parecchie località a nord di Goma.
Approfittando della confusione generale, altri gruppi armati sono ritornati alla ribalta. Secondo la società civile del Nord-Kivu, un'alleanza è stata conclusa tra il gruppo Maï-Maï Lafontaine ed un gruppo di disertori delle Fardc guidate dal colonnello Kahasha nel territorio di Lubero. Questa coalizione, chiamata "Unione dei patrioti congolesi per la Pace" (UPCP) occupa quasi tutta la parte sud-est di Lubero e minaccia la popolazione che vive sull'asse Kanyabayonga-Kirumba-Kaseghe (a nord di Goma). Un altro accordo lega i Maï-Maï Janvier a certi ribelli delle Forze democratiche per la liberazione del Ruanda (FDLR) che occupano una grande parte del nord ovest del territorio di Masisi. I miliziani Maï-Maï comandati da Cheka si sono coalizzati anche loro con le Forze di difesa congolese (FDC) per occupare parecchi settori a ovest del territorio di Walikale.
Piero Gavioli