Per Unicef, il Paese e' agli ultimi posti.
di Angela Abbrescia
L'infanzia è una condizione difficile non solo nei Paesi del sud del mondo, ma anche nelle economie più avanzate: a confermarlo è il nuovo Rapporto dell'Unicef sulla povertà tra i bambini e gli adolescenti, presentato oggi. Dal quale emerge che l'Italia, che si colloca fra i 15 Paesi europei più ricchi, è agli ultimi posti per povertà infantile.
Nel nostro Paese il 15,9% dei bambini e degli adolescenti tra 0 e 17 anni vive in una condizione di povertà relativa, cioé il tasso di povertà infantile è più alto rispetto al tasso di povertà della popolazione complessiva (11,5%), il che fa sprofondare il nostro Paese al 32.mo posto su 35. E si colloca al 20.mo posto su 29 per i minori (13,3%) che vivono una condizione di deprivazione materiale, intesa come l'inaccessibilità ad alcuni beni ritenuti "normali" nelle società economicamente avanzate come almeno un pasto al giorno contenente carne o pesce, libri e giochi adatti all'età del bambino, un posto tranquillo con spazio e luce a sufficienza per fare i compiti.
Un dato che colpisce se confrontato con Islanda, Svezia e Norvegia che presentano percentuali inferiori al 2%. Questo tasso di deprivazione materiale, poi, sale al 17,6% tra i bambini che vivono in famiglie con un solo genitore, al 27,9% tra quelli che vivono con genitori con un basso livello di istruzione, al 23,7% tra i minori che vivono in famiglie di immigrati, al 34,3% tra quelli che hanno genitori che non lavorano. E' un fatto "intollerabile" che nei Paesi ricchi i bambini vivano ai margini della società" ha commentato il presidente di Unicef Italia Giacomo Guerrera.
Il premier Mario Monti, in un messaggio, si dice "pienamente consapevole" del fatto che "una strategia di sviluppo efficace deve necessariamente includere la protezione dei minori dalla povertà" e sostiene che "proteggere l'infanzia dalla povertà è un dovere morale che dovrebbe essere fra le priorità di ogni governo, perché i bambini e gli adolescenti di oggi saranno i cittadini di domani". L'Italia secondo Monti sta facendo la sua parte, come dimostrano "i provvedimenti per combattere l'esclusione sociale e il disagio delle fasce più deboli della popolazione" varati in questi mesi.
Ma secondo l'Unicef l'impatto sulla povertà minorile dell'intervento statale in Italia è pressoché nullo, o almeno lo è stato negli anni scorsi: l'Italia - ha detto il curatore del rapporto, Leonardo Menchini, facendo riferimento al 2007 - spende l'1,4% del pil per i bambini e le famiglie, contro, ad esempio, il 3,7% della Francia e il 3,5% del Regno Unito. "L'Italia è uno dei Paesi sviluppati dove i bambini rischiano di rimanere più indietro" ha denunciato Menchini. Molto critica la sociologa Chiara Saraceno, che ha sottolineato come uno dei motivi della poco invidiabile percentuale italiana di povertà infantile sia la scarsa occupazione femminile.
Ma anche "la scarsa intelligenza nel fare le politiche, che sono fuori bersaglio, mal congegnate e non mirate su chi ha più bisogno". "In Italia la povertà minorile non è mai entrata nell'agenda politica, in un programma di governo" ha detto. Per questo, Guerrera ha annunciato oggi l'avvio di un gruppo, che si chiama "Gulp (gruppo Unicef di lavoro sulla povertà)", del quale fanno parte anche esponenti di Caritas, Istat, Ministero del Welfare ed esperti, che intende "affiancare il Governo nell'intercettare le strategie più opportune per l'infanzia".