Carlo Milani
La stretta creditizia in Italia è confermata dai dati più recenti della Banca d'Italia. A marzo, i prestiti alle imprese non finanziarie sono rimasti fermi. Nel mese precedente erano, invece, cresciuti dello 0,9 per cento su base annua (+4,7 per cento nel marzo del 2011), mentre quelli alle famiglie sono in rallentamento. Solo supportando finanziariamente le imprese domestiche, quando hanno progetti imprenditoriali validi, le banche possono interrompere quel circolo vizioso che porta aziende illiquide, ma solide, al fallimento. Articolo tratto da Lavoce.info.
(articolo originariamente pubblicato su Lavoce.info il 25 maggio 2012)
La restrizione creditizia, ormai in atto da alcuni mesi in Italia, trova conferma nei dati più recenti messi a disposizione dalla Banca d'Italia. A marzo, i prestiti alle imprese non finanziarie sono rimasti fermi. Nel mese precedente erano, invece, cresciuti dello 0,9 per cento su base annua (+4,7 per cento nel marzo del 2011). Un rallentamento analogo si rileva anche con riferimento alle famiglie che, sempre a marzo, hanno visto aumentare i prestiti a loro destinati del 2,2 per cento, contro il 2,7 per cento di febbraio e il 5,1 per cento del marzo dello scorso hanno.
Pigs anche nei finanziamenti
Inquadrando i dati italiani nel contesto europeo si vede chiaramente come ci sia un forte dualismo nell'erogazione del credito tra i paesi dell'area euro (cfr. grafico 1 e 2, rispettivamente per imprese e famiglie). Quelli dell'Europa del Nord, cioè Austria, Belgio, Germania, Finlandia, Francia e Olanda mostrano una dinamica dei finanziamenti bancari positiva sia verso le imprese sia verso le famiglie. Viceversa i paesi Pigs, cioè Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna mostrano una dinamica fortemente negativa in entrambi i casi. Da notare che l'Italia, fino alla metà del 2011, era al passo con le altre potenze del Nord Europa. L'andamento più recente indica invece che stiamo inesorabilmente retrocedendo nella "serie B" dell'area euro.
Che le imprese italiane, soprattutto di piccole e medie dimensione, trovino difficoltà a reperire i finanziamenti bancari è evidenziato anche dall'indagine sull'accesso al credito condotta dalla Banca centrale europea e dalla Commissione europea (cfr. tabella 1). Dall'ultima indagine si rileva che sono state pari al 48 per cento in Italia le imprese di media e piccola dimensione che negli ultimi sei mesi hanno fatto una richiesta per un finanziamento bancario e che hanno visto accettato del tutto la loro domanda. La restante metà delle Pmi italiane si è invece vista rifiutare del tutto o in parte la richiesta di finanziamento. Molto meglio è andata alle Pmi francesi e tedesche la cui richiesta è stata accolta nell'80 per cento dei casi circa. Tra i principali paesi dell'area euro solo le Pmi spagnole versano in una situazione peggiore rispetto a quella italiana. Ancor più svantaggiate risultano essere, poi, le micro imprese italiane: solo nel 44 per cento dei casi hanno visto accolta la loro richiesta di finanziamento, contro il 61 per cento delle rivali tedesche e il 72 per cento di quelle francesi. Ancora una volta solo in Spagna si rileva un contesto meno favorevole.
Anche il Fondo monetario internazionale ha recentemente posto in evidenza come l'Italia stia indirizzandosi verso una forte restrizione dell'offerta di credito (si veda il Global Financial Stability Report). Sulla base dei passati eventi di crisi finanziaria, infatti, il Fmi stima che il nostro mercato bancario dovrebbe registrare una contrazione del credito del 2,7 per cento entro la fine del 2013, contro l'1,7 per cento dell'intera area euro. Per Francia e Germania le simulazioni indicano, invece, una flessione rispettivamente dello 0,5 e 0,1 per cento.
Attenzione all'economia reale
Tutte queste indicazioni dovrebbero indurre il sistema bancario italiano a prestare una maggiore attenzione verso il sostegno all'economia reale. Solo supportando finanziariamente le imprese domestiche, qualora queste abbiano progetti imprenditoriali validi, le banche possono interrompere quel circolo vizioso che porta aziende illiquide, ma solide, al fallimento, da cui consegue il peggioramento dei conti bancari stessi attraverso il canale delle sofferenze.
Una dimostrazione di buona volontà potrebbe essere offerta sbloccando il tavolo aperto tra Abi, governo e associazioni imprenditoriali sulle anticipazioni dei crediti vantati dalle imprese verso la pubblica amministrazione: tra i 60 e 100 miliardi di euro a seconda delle diverse stime. È infatti paradossale che gli stessi istituti di credito che ritengono altamente affidabile lo Stato italiano, tanto da ingrossare i propri bilanci di Bot e Btp, siano estremamente guardinghi nel caso in cui debbano scontare i crediti vantati dalle imprese verso la Pa, tanto da rifiutare la cosiddetta opzione pro-soluto che libera le imprese da ogni eventuale inadempienza da parte dello Stato.