In periodi di crisi, lo Stato può chiedere sacrifici ai cittadini e imporre un freno alle spese, si sa. L'importante, però, è la chiarezza su quali risorse si tagliano, e sul modo: aver imposto un tetto di 383 milioni al 5 per mille dell'Irpef per il 2010, mentre oltre 16 milioni di contribuenti, con le loro firme, avevano assegnato risorse ai beneficiari per 463 milioni, senza una legge che preveda questo limite, e senza rendere pubblica questa scelta, non è certo una mossa nel segno della trasparenza.

Soprattutto da parte di uno Stato che continua a chiedere, invece, la massima trasparenza ai contribuenti e alle organizzazioni del terzo settore. Se l'obiettivo, poi, è quello di ridurre l'impegno dello Stato sul fronte del 5 per mille, un'altra strada c'è: anziché aprire le porte del contributo fiscale a una marea di beneficiari (sono 43mila quest'anno, ma hanno superato quota 77mila nel 2008), e prevedere una proroga dietro l'altra per riaprire i termini d'iscrizione, basterebbe adottare una normativa stabile e selezionare un ambito più ristretto di finalità meritevoli del finanziamento pubblico. Così, se proprio si ritiene di voler limitare le risorse disponibili, si evita almeno di disperderle in mille rivoli.

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