Un profilo basso, relativo, alla portata di tutti. La forza e l'ambigua opera di seduzione del denaro forse risiede proprio in questo suo modo di presentarsi, come mezzo i nfinitamente più modesto e disimpegnato rispetto ai fini raccolti nelle grandi parole: razza, sangue, popolo, terra, Dio. Eppure, rimarca Silvano Petrosino, proprio l'apparente modestia del mezzo potrebbe aver favorito quel processo di "fantasmizzazione" al termine del quale un "semplice strumento" si è trovato ad essere vissuto come fine ultimo, assoluto e di massa. La maschera del denaro è debole, osserva Petrosino, nel suo Soggettività e denaro. Logica di un inganno , da poco edito per i tipi di Jaca book (qui la nota di Francesco Paolella sul libro). Una maschera debole, ma «proprio per questo estremamente forte». Ripetendo che non c'è nulla di profondo, nulla da capire, nulla da svelare, il denaro - nella sua logica profonda - altro non fa che ripetere il mot de passe dei fantasmi più insidiosi: «io non sono un fantasma».
Communitas: Come è nata l'esigenza (e l'idea) di scrivere un libro sul denaro?
Silvano Petrosino: Tutto è nato da una circostanza, anzi da un intreccio di circostanze. Nell'aprile di due anni fa, fui invitato da un amico di Bergamo, Daniele Rocchetti, a un seminario sul tema del denaro, dal punto di vista antropologico-simbolico, non da quello economico, per i responsabili delle Acli. Fatto il seminario capitò che, per una strana coincidenza, altri mi invitassero in un contesto del tutto differente (il Summit Internazionale del Lusso) a tenere una conferenza sull'economia. Avevo da poco pubblicato Capovolgimenti. La casa non è una tana, l'economia non è il business (Jaca book, Milano 2008) e andai. A questo summit c'erano circa quattrocento persone che trattavano, con argomentazioni e disposizioni assolutamente serie, il tema del lusso. Il contrasto tra questo ambiente e quello che inizialmente mi aveva spinto a riflettere sul denaro era evidente: da un lato le Acli, con una preoccupazione di tipo sociale, e dall'altra parte una realtà, portatrice di una visione di tutt'altro tipo, a mio avviso legata al tema del fantasma. Quanto meno nella nostra società, il denaro è il più reale dei fantasmi. L'uomo ha sempre vissuto di fantasmi. Fantasmi che, talvolta, ritornano. Pensiamo alla razza, all'etnia, al sangue, al popolo, alla terra? Il fantasma del denaro ha due o tre secoli, essendo nato con la società borghese. Sostanzialmente, il denaro è un fantasma borghese. Il contrasto tra l'urgenza di riflettere sull'economia, che vedevo negli amici delle Acli, e la presa del fantasma al summit sul lusso, mi spinse a scrivere il libro di getto, in un mese, consegnandolo subito alla casa editrice. Il volume, poi, per varie circostanza è uscito ora.
Communitas: Nel suo lavoro, però, lei non insiste su elementi transitori della crisi economica, ma sulla logica che la sottende. In questo senso, che sia stato pubblicato solo oggi è una felice (o infelice, dipende dai punti di vista) coincidenza, ma il libro, al di là del numero esiguo di pagine (settantuno), mira ad altro, rispetto alla critica del contingente?
Silvano Petrosino: Certe cose si colgono solo se si accetta di analizzare una struttura antropologica. Bisogna avere la serietà di affrontare questi fenomeni per quello che sono, non semplicemente come effetti congiunturali o come elementi di follia. Certamente, se uno si compra una cravatta da trecentocinquanta euro, a noi viene naturale reagire dicendo «sei un matto!». In realtà, questa reazione ci porta fuori rotta. Bisogna prendere un'altra strada, quanto meno per tentare di spiegare il fenomeno in modo serio. Una certa critica "no-logo" all'uso del denaro è comprensibile, condivisibile e persino giustificabile, ma rischia di non andare al fondo della cosa. Quando desideriamo una cosa, proprio perché ha "quella marca lì", il fatto non è da sottovalutare. E non è da sottovalutare, perché "quella cosa lì" si configura come fantasma, o - come diceva Lacan - diventa un appoggio del desiderio umano. Non bisogna indietreggiare dinanzi al dramma antropologico, dicendo che la degenerazione del denaro dipende dal nostro tempo e dai nostri giorni. Questo problema riguarda una struttura, ossia una logica. Per questo ci si deve concentrare sulla logica del denaro. Non sul denaro e basta. In certi ambienti cattolici e alternativi, la critica si poggia sull'accumulo delle cose, in realtà questa è una critica ingenua, perché il problema non è la cosa, ma il fantasma che si coagula attorno alla cosa. Per questa ragione è molto più difficile la battaglia. Una critica vera non può essere quella di un luddismo ingenuo che si attacca all'oggetto, distruggendolo (bancomat scassinati, auto di lusso in fiamme), mentre in gioco è il fantasma. Il fantasma del denaro si riproduce alla maniera dei vermi e dei lombrichi: tagliati in due, ogni parte dà vita a un nuovo insieme. Non si tratta perciò di distruggere la macchina, ma di capirne il funzionamento per disinnescarla, anche se capirne il funzionamento implica, ed è questa la difficoltà, la capacità di cogliere la differenza fra assenza e mancanza e bisogno e desiderio.
Communitas: A proposito del denaro lei parla di idoli. Nel mondo, scriveva Nietzsche, ci sono più idoli che realtà. Lucrezio si servì del termine simulacrum per rendere il greco e?d????, col quale Democrito descriveva l'immagine che si staccava come una pellicola dai corpi. Gli idoli sono economicamente convenienti, a portata di mano. Un idolo può cadere o vacillare - magari anche dinanzi a critiche ingenue - ma la sua capacità è di rimettersi sempre in piedi? Il denaro è esemplare, rispetto a questa capacità di riposizionarsi continuamente rispetto alla critiche che lo investono?
Silvano Petrosino: C'è, nel denaro, una struttura e una logica che credo sia la struttura e la logica dell'idolo. Ciò che, biblicamente, si chiama idolo e che, nella sua essenza, è un appoggio al desiderio. Questa è la struttura dell'umano che, periodicamente, incontra o si crea degli appoggi e, oggi, si è creato o ha incontrato l'appoggio del denaro e del consumo. Il consumismo che altro è se non una sorta di idolatria per le masse, a basso costo? La dimensione idolatrica a basso costo è, forse, quella tipica della borghesia. La borghesia si oppone alla nobiltà, ma ripropone una struttura idolatrica per le masse. Il consumismo che ne deriva, in questo, ha trasformato il capitalismo in una "cosa per tutti", per le masse. Credo che questa sia una crisi dove l'idolo inizia a crollare. Non sono in grado di dire se crollerà o meno, ma quel che è certo è che si è manifestato che si tratta di un fantasma: non possiamo diventare tutti ricchi, tutti imprenditori di noi stessi, tutti piccoli Bill Gates, continuando a produrre o a consumare senza fine. Magari non cadrà, quest'idolo, ma quanto meno si è rivelato come tale. Si è rivelato il processo di produzione di forme fantasmatiche. Oggi i nuovi fantasmi sono legati alle nuove tecnologie, a strumenti inutili che tutti credono utili.
Communitas: Ha parlato di mancanza e di assenza. In che cosa differiscono?
Silvano Petrosino: La mancanza è la presenza di un'assenza. Che ci siano delle assenze è evidente. Facciamo un esempio: io, Silvano, non riesco a correre i cento metri in dieci secondi. In questo c'è un'assenza, sono limitato, non ho i muscoli adatti. Però questa assenza rimane tale, non faccio su di essa un investimento affettivo. Mentre è chiaro che per un atleta che vuole andare alle Olimpiadi, questa assenza si trasforma in mancanza. È una differenza fondamentale per non cadere nella trappola di contrapporre a una metafisica della presenza, una metafisica dell'assenza. Poiché, in realtà, la mancanza rivela sempre qualcosa del soggetto. Se io dicessi, «sai che non riesco a correre i cento metri in dieci secondi?», nel momento stesso in cui lo dico investo questa frase di un'aspettativa, di un'attesa, di un desiderio - trasformando un'assenza, in una presenza. Magari l'atleta continuerà a pensarci, a studiare come incrementare le proprie prestazioni, migliorando gli allenamenti e via discorrendo. Questo meccanismo è alla base del consumismo. Il consumismo cerca di trasformare un'assenza in mancanza. Non hai il cellulare? Stai attento - questo è il discorso alla base del consumismo - perché ne va della tua vita. Trasforma l'assenza in mancanza.
Communitas: In fondo, questa è la tanto decantata e venerata "anima" del marketing?
Silvano Petrosino: Precisamente. Nelle tentazioni, il demonio dice a Gesù: «trasforma le pietre in pane». Satana individua un'assenza - non c'è abbastanza cibo per tutti - , tentando di trasformarla in una mancanza, ma giustamente Gesù non cade nella trappola, rispondendo «non di solo pane vive l'uomo». Non di solo pane vive l'uomo vuol dire "non puoi trasformare il pane nel desiderio dell'uomo". Il pane non è il desiderio dell'uomo, c'è dell'altro. Se Cristo avesse ceduto alla tentazione, sarebbe caduto nella trappola del marketing, che fa di un'assenza la mancanza. Ma il marketing va oltre, il suo discorso procede così: c'è un'assenza, trasformo questa assenza in una mancanza e io, il marketing, te la riempio. Questo è il meccanismo. Il fine non è il riempimento dell'assenza - senza cellulare viviamo benissimo, in fondo - ma la trasformazione di quell'assenza in mancanza - dire alla ragazzina: "senza cellulare sei meno delle tue amiche, senza cellulare sei fuori dal giro. Nel momento in cui sono riuscito a trasformare l'assenza in mancanza, attivando il tuo desiderio - lo saturo. Per questo il discorso del marketing e del denaro è una logica e una struttura.