Si fa sempre più tesa ed incerta la situazione nel Nord-Kivu dove scontri vengono segnalati a Runyiony, località confinante col Rwanda e l'Uganda, provocando nuove ondate di sfollati. Protagonisti delle violenze in corso da inizio aprile nell'instabile provincia orientale della Repubblica democratica del Congo sono soldati delle forze armate regolari (Fardc) e militari ammutinati, ex ribelli del Congresso nazionale per la difesa del popolo (Cndp) del generale latitante Bosco Ntaganda. Nonostante le notizie allarmanti dal fronte, il comando dell'esercito ha rilasciato dichiarazioni dal tono rassicurante. "Centinaia di militari sono già rientrati nei ranghi dopo l'ultimatum lanciato sabato scorso. Ora stiamo vedendo come risolvere la questione del piccolo gruppo al fianco di Ntaganda, confinatosi nel parco del Virunga, al confine col Rwanda" ha dichiarato il colonnello Sylvain Ekenge, portavoce dell'esercito per il Nord e il Sud-Kivu.

A riferire del forte impatto umanitario degli ultimi sviluppi nell'Est è stato il vice segretario per i diritti umani dell'Onu, Ivan Simonovic, secondo cui "dallo scorso aprile abbiamo registrato 40.000 sfollati nel Nord-Kivu: un movimento di popolazione che è il risultato diretto ed indiretto delle recenti diserzioni. A questo si aggiungono denunce di violazioni dei diritti umani. Dobbiamo intervenire per impedire un'escalation del conflitto" ha detto da Kinshasa.

Una fonte locale della MISNA contatta a Goma (capoluogo del Nord-Kivu), che chiede l'anonimato, sottolinea che "qui la gente ha paura ma è soprattutto rassegnata di fronte a un problema annoso, quello della sicurezza, mai risolto fino in fondo dal presidente Joseph Kabila". In realtà, prosegue l'interlocutore della MISNA, "il problema di fondo è la presenza ruandese nell'Est e la minaccia di un intervento di Kigali a nome della difesa del suo territorio". Elementi armati coinvolti nel genocidio ruandese del 1994 sono fuggiti in Repubblica democratica del Congo dove alimentano insicurezza e sfruttano le risorse locali per autofinanziarsi. "Oltretutto la popolazione dell'Est è delusa e arrabbiata per l'inerzia della comunità internazionale, rappresentata dalla costosa Monusco (ex Monuc) che non ha mai contribuito alla risoluzione della situazione mentre a pagare il prezzo più alto sono sempre i civili".

La crisi dell'Est arriva fino a Kinshasa dove il nuovo governo guidato dal primo ministro Matata Ponyo ha tenuto un consiglio straordinario, all'indomani dalla fiducia ottenuta in Parlamento, grazie al voto favorevole di 324 deputati su 388. "Il presidente Kabila ha affidato al nuovo esecutivo la missione di portare l'Est verso la stabilizzazione della sicurezza e alla pace poiché i disordini nei Kivu rischiano di frenare lo sforzo nazionale dello sviluppo economico" ha detto il ministro della Comunicazione, Lambert Mende Omalanga, al termine del consiglio.

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