Tibo, da Silva e Riwu erano stati condannati a morte dal tribunale distrettuale di Palu (Sulawesi centrale), nell'aprile 2001, per omicidio premeditato e incitamento alla rivolta, negli sviluppi di un conflitto etnico che aveva incendiato il distretto di Poso nel maggio 2000. Secondo quanto verificato da Amnesty International, il processo era stato iniquo. La giuria aveva ignorato le dichiarazioni dei testimoni chiamati dalla difesa; il processo si era svolto in un clima di intimidazione, con l'esterno del tribunale presidiato da manifestanti armati di pietre che chiedevano la condanna a morte dei tre imputati e con gli avvocati difensori minacciati di morte; infine, una bomba era stata rinvenuta nell'abitazione di uno dei consulenti della difesa. Tuttavia, le autorita' indonesiane non avevano ritenuto opportuno riesaminare il verdetto.
In qualita' di Stato membro del Consiglio dei diritti umani e avendo da poco ratificato il Patto internazionale dei diritti civili e politici, l'Indonesia ha perso ieri l'opportunita' di imitare le Filippine -- che hanno abolito la pena di morte a giugno -- e alimentare in Asia sudorientale la tendenza verso un maggiore rispetto dei diritti umani con la protezione del principale di essi, quello alla vita.
Almeno 90 persone si trovano nei bracci della morte indonesiani. Le tre esecuzioni di ieri sono le prime registrate da Amnesty International dal maggio 2005 e alimentano i timori che ve ne possano essere ulteriori.
Amnesty International chiede alle autorita' indonesiane di assumere misure immediate verso l'abolizione della pena di morte, sospendendo le esecuzioni in programma e commutando tutte le condanne a morte.
FINE DEL COMUNICATO Roma, 22 settembre 2006
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