ROMA - Non più solo cani, gatti, cavalli, asini e conigli. La terapia assistita dagli animali, meglio nota come pet therapy, oltrepassa i confini della fattoria per scoprire nuovi amici di terra e di mare. A Roma, un progetto sperimentale lanciato dall'Istituto dermopatico dell'Immacolata (Idi) insieme a Bioparco e Zoomarine ricorre a leoni marini ed elefanti indiani per aiutare i ragazzi autistici ad "uscire dalla foresta dell'isolamento". Ma nonostante i buoni risultati, gli animalisti non ci stanno. Il progetto nasce nel 2003, con una vera fattoria didattica all'interno dell'ospedale, racconta Davide Moscato, neuropsichiatra e responsabile del Centro di pet therapy dell'Idi. "All'inizio ci rivolgevamo esclusivamente a bambini colpiti da cefalea - spiega -, poi abbiamo allargato il campo a quelli affetti da disturbi del comportamento, patologie psichiatriche e autismo". Nel 2010 un gruppo di sei ragazzi autistici tra gli otto e i quattordici anni ha cominciato a frequentare una volta a settimana la Baia dei pennipedi di Zoomarine, a Torvaianica, dove vivono tredici esemplari tra foche e leoni marini. "Abbiamo pensato al mondo animale acquatico perché è proprio nell'acqua che siamo nati tutti", spiega Moscato. "Il percorso - prosegue - è stato lungo e difficile, in quanto la comunicazione con questi bambini ha richiesto un impegno notevole di attenzione e rassicurazione, ma alla fine i risultati ci sono stati". Infatti, chiarisce, "l'incontro con questi stupefacenti mammiferi, come un grande leone marino di 400 chili, stimola i piccoli affetti da autismo ad emergere dal proprio mondo sommerso, migliorando le proprie capacità relazionali". E gli obiettivi raggiunti hanno incoraggiato gli esperti dell'Idi a lanciarsi in un nuovo progetto: questa volta protagonisti sono gli elefanti indiani che vivono nel Bioparco di Roma, il vecchio giardino zoologico della capitale oggi trasformato in fondazione.
L'idea di coinvolgere gli elefanti e i mammiferi marini non piace a tutti. Gli animalisti, Lega antivivisezione (Lav) in testa, non vedono di buon occhio l'utilizzo di animali esotici o selvatici. "Non siamo pregiudizialmente contrari alla pet therapy, che anzi può ribadire l'importanza del rapporto con gli altri animali, soprattutto cani e gatti", afferma Ilaria Marucelli della Lav. "Ma è necessario che ogni percorso terapeutico avvenga nel rispetto delle esigenze degli animali, dei loro diritti e interessi. Il rapporto uomo-animale - continua - deve essere comunque limitato a quelle specie di animali che ne possono trarre beneficio". Il principio di fondo, insomma, è quello di uno "scambio di emozioni" che, come ogni scambio, preveda un "reciproco vantaggio" tra umani e animali. "La prima cosa è la relazione", chiarisce l'attivista della Lav. "L'animale non è né un medicinale né un ricostituente, ma un soggetto relazionale vero e proprio. Per questo - insiste - i progetti che coinvolgono gli animali esotici non ricevono la nostra approvazione. I selvatici sono talmente lontani dall'essere umano da non prestarsi ad alcun approccio terapeutico. L'unico approccio possibile è quello ludico, come avviene in alcuni ospedali in cui gli animali vengono usati per dare sollievo ai bambini malati. Ma non ci sono dubbi: mille volte meglio i clown in corsia". In Italia manca ancora una normativa in materia, anche se dal 2003 un decreto vincola lo Stato e le Regioni a promuovere iniziative di pet therapy. Nel 2002 oltre venti diverse realtà tra associazioni, istituzioni e centri di ricerca hanno sottoscritto la Carta di Modena: un articolato in diciassette punti che dedica grande attenzione alla tutela degli animali. Attualmente è in discussione in Parlamento una proposta di legge, appoggiata anche dalla Lav; si tratta di un testo unico che regolamenta l'intera materia, ponendo un'enfasi particolare sulla tutela degli animali coinvolti.
"Il meccanismo ludico gestito da personale specializzato diventa terapeutico e la gioia si trasforma in una porta formidabile per rompere l'isolamento", ribatte a distanza il professor Moscato. "D'altra parte - assicura - noi osserviamo il più totale rispetto degli animali coinvolti. I leoni marini di Zoomarine sono ormai alla quarta generazione e nel mondo indiano gli elefanti vengono considerati animali domestici da cinquemila anni. Inoltre, agiamo sempre sotto la supervisione di un veterinario e di operatori specializzati". E dal punto di vista della relazione replica: "Insegniamo ai bambini a stabilire un rapporto con gli animali. Che, da parte loro, vivono spontaneamente il contatto con i ragazzi. I leoni marini comprendono di avere a che fare con bambini disabili, e sono felice di essere accarezzati. C'è un percorso di conoscenza reciproca in cui il bimbo conosce le abitudini dell'animale e l'animale conosce il bimbo. Insomma, c'è una ricerca spontanea di quella comunicazione che, in fin dei conti, è il gioco di questo pianeta". (Antonella Patete)