Ricorre questa settimana il ventesimo anniversario dell'assedio a Sarajevo, cominciato il 6 aprile 1992. Con i suoi quasi 4 anni di durata, fu uno degli eventi più drammatici ed emblematici del violento smembramento della ex Jugoslavia e di un conflitto che causò circa 200.000 vittime e 2,7 milioni di rifugiati e sfollati, nel più imponente esodo verificatosi in Europa dopo la seconda guerra mondiale.
L'assedio provocò enormi sofferenze e miserie ai circa 400.000 abitanti che allora contava la capitale bosniaca. Sotto il costante fuoco delle bombe e dei cecchini, la popolazione fu tagliata fuori dai rifornimenti di cibo, medicine, acqua ed elettricità. Migliaia furono i civili uccisi e feriti. Durante la guerra in Bosnia e in Erzegovina la popolazione dovette assistere a ogni immaginabile violazione o abuso dei diritti umani, dalla cosiddetta pulizia etnica e dallo stupro su basi etniche, fino a esecuzioni di massa e fame.
Oggi la maggior parte delle persone costrette a lasciare le proprie case durante il conflitto degli anni 1991-1995 ha fatto ritorno a casa o si è integrata nelle comunità locali di accoglienza.
Per l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) la situazione di coloro che continuano a vivere da rifugiati e sfollati in questa parte d'Europa rappresenta una delle 5 situazioni prioritarie a livello globale. Di recente l'Agenzia ha accolto con favore il rinnovato impegno dei governi della regione per accelerare il perseguimento di soluzioni abitative per circa 74.000 rifugiati e sfollati tra i più vulnerabili e bisognosi. Il programma regionale congiunto sulle soluzioni durevoli per i rifugiati e gli sfollati rappresenta la più recente iniziativa mirata a chiudere questo capitolo in Europa sud-orientale. Si tratta di un impegno da parte di tutti i governi interessati - e in particolare quelli di Serbia, Bosnia-Erzegovina, Croazia e Montenegro in un'iniziativa sostenuta dalla comunità internazionale.
Per sostenere tale impegno è in programma per il 24 aprile 2012 nella stessa Sarajevo una conferenza internazionale dei donatori. L'obiettivo auspicato è quello di raggiungere fino a 500 milioni di euro necessari per trovare soluzioni abitative per molti di coloro che sono ancora rifugiati, sfollati e rifugiati rientrati nelle proprie aree d'origine. L'UNHCR sostiene tale processo e ne monitorerà lattuazione per garantire che siano selezionate le persone adatte a ricevere adeguate soluzioni, a 17 anni dalla conclusione del conflitto.
Per l'Agenzia, l'operazione di assistenza umanitaria in Bosnia-Erzegovina e nella regione costituì uno dei momenti fondanti della propria storia recente. Si trattò di un'operazione senza precedenti in termini di dimensioni, portata e complessità.
Per la prima volta l'UNHCR operava all'interno di un conflitto che infuriava, assistendo le popolazioni colpite dalla guerra, come quelle sfollate. L'operazione umanitaria a Sarajevo e in Bosnia-Erzegovina dovette poi far fronte a sfide particolarmente complesse: il rapido montare della crisi, l'esodo di persone come obiettivo della guerra piuttosto che una sua conseguenza. Si verificarono anche attacchi deliberati e manifesti ai principi umanitari, come il sistematico diniego di accesso agli aiuti. Il personale umanitario dovette far fronte a rischi per la sicurezza mai sperimentati prima e il mandato principale delle forze ONU fu quello di sostenere l'operazione umanitaria.
Tra il 3 luglio 1992 e il 9 gennaio 1996 l'UNHCR coordinò l'operazione che diventò l'ancora di salvezza per Sarajevo e il più lungo ponte aereo umanitario della storia, superando anche quello di Berlino del 1948-49. Complessivamente furono trasportate a Sarajevo 160.000 tonnellate di cibo, medicine e altri beni su oltre 12.000 voli. Il ponte aereo inoltre evacuò più di 1.100 civili bisognosi di cure mediche urgenti. Oltre 20 paesi presero parte all'impegno.
In tutto tra il 1992 e il 1995 l'UNHCR coordinò un'imponente operazione logistica in cui 950.000 tonnellate di aiuti umanitari furono trasportati in varie località della Bosnia-Erzegovina. Il ruolo di capofila dell'Agenzia implicò una serie di responsabilità. Oltre 3.000 operatori umanitari di più di 250 organizzazioni avevano documenti d'identità dell'UNHCR e oltre 2.000 veicoli in Bosnia-Erzegovina esibivano le targhe di registrazione dell'Agenzia.
Oltre al pesante bilancio di vittime tra la popolazione civile, più di 50 operatori coinvolti nell'operazione guidata dall'UNHCR persero la vita e altre centinaia rimasero feriti durante il conflitto. In base ai tassi di perdite registrate tra il personale UNHCR e le truppe ONU nel periodo 1991-1993, la probabilità di restare vittima di guerra era di 11 volte superiore per un membro del personale UNHCR.