Il ministro della Giustizia Toshio Ogawa ha autorizzato le tre impiccagioni, spiegando che era suo "dovere", come titolare del ministero.
 
"Queste tre esecuzioni sono un profondo passo indietro e riportano il Giappone in quella minoranza di paesi che usano ancora la pena capitale" - ha dichiarato Catherine Baber, vicedirettrice di Amnesty International per l'Asia e il Pacifico. "Giustificare azioni che violano i diritti umani col 'dovere ministeriale' è inaccettabile. Al contrario, dovrebbe essere responsabilità di chi ha incarichi politici di affrontare la criminalità senza ricorrere alla punizione più crudele, disumana e degradante".
 
Tomoyuki Furusawa, 46 anni, è stato impiccato a Tokio; Yasuaki Uwabe, 48 anni, a Hiroshima; Yasutoshi Matsuda, 44 anni, a Fukuoka.
 
Le condanne a morte in Giappone vengono eseguite mediante impiccagione, solitamente in segreto. I prigionieri ricevono un preavviso minimo o non vengono neanche avvisati.
 
Solo due giorni fa, Amnesty International aveva pubblicato il rapporto sulla pena di morte nel 2011, sottolineando il positivo sviluppo dell'assenza di esecuzioni in Giappone per quasi due anni. L'organizzazione aveva chiesto, e rinnova oggi la richiesta al Giappone di unirsi agli oltre due terzi dei paesi che hanno abolito per legge o nella prassi la pena capitale o che hanno dichiarato una moratoria come primo passo verso l'abolizione.

 

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