Il ministro della Difesa israeliano Ehud Barak deve annullare il piano militare che prevede il trasferimento forzato di circa 2300 beduini della Cisgiordania in un'area situata nei pressi della discarica comunale di Gerusalemme.
È quanto ha dichiarato Amnesty International, pubblicando un documento intitolato "Stop ai trasferimenti. Israele sta per espellere i beduini dalle loro case per espandere gli insediamenti", in cui chiede l'immediata sospensione di tutte le demolizioni all'interno delle 20 comunità interessate dal provvedimento.
Le promesse fatte a voce la scorsa settimana dalle autorità militari israeliane, secondo le quali le ordinanze di demolizione nella comunità beduina di Khan al-Ahmar non saranno eseguite, non sono sufficienti, secondo l'organizzazione per i diritti umani.
"Migliaia di beduini residenti in alcune delle comunità più vulnerabili della Cisgiordania rischiano la distruzione delle loro case e dei loro mezzi di sostentamento. Molti di essi sono riconosciuti come rifugiati e alcuni sono stati sfollati più volte dal 1948" - ha dichiarato Ann Harrison, direttrice del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International. "Le autorità israeliane devono garantire il diritto all'alloggio adeguato ai residenti delle 20 comunità, così come a tutti i palestinesi della Cisgiordania occupata: ciò significa proteggerli dagli sgomberi forzati e svolgere consultazioni autentiche con tutte le comunità".
Nel luglio 2011, l'Amministrazione civile israeliana aveva informato le agenzie delle Nazioni Unite del piano di sgomberare circa 2300 beduini delle 20 comunità residenti nel distretto di Gerusalemme e trasferirli in un sito collocato a 300 metri dalla discarica comunale.
Le comunità in questione risiedono attualmente nei pressi degli insediamenti illegali della zona di Ma'ale Adumim, la maggior parte di esse in aree destinate all'espansione degli insediamenti.
Le autorità militari israeliane considerano illegali e prive di licenza di costruzione la maggior parte delle strutture edificate all'interno di queste comunità, che si trovano nell'area C della Cisgiordania, in cui Israele mantiene il controllo sulla pianificazione edilizia. Nell'area C, è quasi impossibile per i palestinesi ottenere il permesso di costruire. Sulla maggior parte delle strutture edificate dalle comunità beduine (case, cucine, latrine all'aperto, rifugi per animali e due scuole elementari) pende un'ordinanza di demolizione.
Le autorità militari israeliane non hanno consultato i rappresentanti delle comunità beduine sul piano di trasferimento. I rappresentanti delle comunità hanno detto ad Amnesty International di essere contrari al trasferimento, perché sarebbe per loro impossibile mantenere il tradizionale stile di vita se venissero spostati in un'area limitata nei pressi della discarica.
Alla fine degli anni Novanta, Israele aveva già trasferito famiglie beduine nello stesso sito, in strutture abitative collocate anche a soli 150 metri dalla discarica. I beduini hanno dovuto rinunciare al loro modo di vivere, hanno venduto il bestiame a causa della mancanza di terreni da pascolo e sono andati incontri ad alti livelli di disoccupazione. Alcuni sono tornati nelle aree da cui erano stati sfollati.
Secondo il ministero israeliano per la Protezione ambientale, nella discarica arrivano fino a 1100 tonnellate di rifiuti al giorno, in gran parte provenienti da Gerusalemme. Il ministero ha dichiarato che la discarica produce inquinamento dell'aria e del suolo, rischia di contaminare l'acqua, è recintata in modo inadeguato e può provocare esplosioni e incendi a causa del gas metano prodotto dalla decomposizione dei rifiuti.
Sebbene il conferimento dei rifiuti alla discarica dovrebbe cessare nel corso dell'anno, non è stato definito alcun piano di riqualificazione dell'area, col risultato che i rischi ambientali rimarranno probabilmente per anni.
Le autorità israeliane hanno sottolineato che il piano di trasferimento prevedono l'allacciamento delle comunità beduine alla rete elettrica e idrica. Non hanno spiegato tuttavia perché questi servizi vengono forniti agli insediamenti illegali e agli avamposti dei coloni nella Cisgiordania e non alle comunità beduine residenti da tempo nella zona.
Le 20 comunità beduine hanno costituito un "comitato di protezione" per coordinare la risposta al piano di trasferimento. Il comitato preferirebbe esercitare il diritto internazionalmente riconosciuto al ritorno e fare dunque rientro nelle terre originarie del deserto del Negev, da cui le comunità vennero espulse dalle autorità israeliane negli anni Cinquanta. In alternativa, il comitato chiede che Israele riconosca il diritto delle comunità a restare dove si trovano attualmente, collegandole alla rete elettrica, idrica e stradale e rimuovendo le limitazioni alla libertà di movimento, a causa delle quali molti beduini sono costretti ad acquistare il foraggio per le pecore e le capre, che prima potevano pascolare, finendo poi per vendere questi animali. Come opzione finale, i beduini sarebbero disponibili a trattare un nuovo trasferimento, se l'Amministrazione civile israeliana li trattasse come partner negoziali in condizioni di uguaglianza.
Una settimana fa il generale Eitan Dangot, coordinatore delle attività del governo nei Territori, ha visitato la comunità di Khan al-Ahmar, In quell'occasione, avrebbe promesso che le case e le scuole della comunità non verranno demolite e che i residenti non saranno trasferiti nei pressi della discarica ma in un luogo diverso della Cisgiordania occupata.
Ma per Amnesty International non è abbastanza: "Le autorità militari israeliane stanno mascherando il loro piano, facendolo passare come il modo per fornire ai beduini servizi essenziali come l'acqua e l'elettricità. In realtà, il trasferimento forzato dei beduini non farebbe altro che perpetuare anni di espropri e discriminazione e potrebbe costituire un crimine di guerra" - ha dichiarato Ann Harrison. "Le promesse a voce non bastano a queste comunità. Il ministro israeliano della Difesa deve annullare formalmente questo piano".
Ulteriori informazioni
Secondo l'organizzazione israeliana Peace Now, nel 2011 le costruzioni negli insediamenti illegali israeliani sono aumentate del 20 per cento e le autorità si avviano a riconoscere 11 nuovi insediamenti, per un totale di 2300 coloni, legalizzando avamposti costruiti senza l'autorizzazione del governo.
Sempre nel 2011, le demolizioni delle abitazioni palestinesi nella Cisgiordania occupata hanno provocato lo sgombero forzato di quasi 1100 persone, con un aumento dell'80 per cento rispetto al 2010 e un totale mai registrato da quando, nel 2005, le Nazioni Unite hanno iniziato a raccogliere i dati in maniera completa. Il 90 per cento delle demolizioni ha interessato comunità vulnerabili di allevatori e contadini nell'area C, incluse le comunità beduine jahalin.
Il governo Netanyahu sta cercando di attuare il piano conosciuto come E1 (Est 1), per espandere gli insediamenti tra Gerusalemme e Ma'ale Adumim. Oltre la metà delle comunità beduine che dovrebbero essere trasferite vivono nell'area interessata dal piano che, se attuato, dividerebbe di fatto il nord della Cisgiordania dal sud.