La qualità dell'aria delle città italiane è pessima e continua a peggiorare. Lo confermano i dati del dossier Mal'aria, lo studio annuale di Legambiente sull'inquinamento atmosferico. I principali imputati sono le polveri sottili: nel 2011, il 67% dei capoluoghi di provincia monitorati non ha rispettato il limite consentito di superamenti della soglia di PM10, un aumento del 12% rispetto all'anno precedente. Torino, Milano e Verona sono in testa con 158, 131 e 130 superamenti registrati nella centralina peggiore di ognuna delle tre città. Crescono, inoltre, le dimensioni degli sforamenti. Ed è una vera e propria emergenza, perché il particolato emesso dagli scarichi delle autovetture, dagli impianti di riscaldamento e dai processi industriali, sono sostanze altamente dannose per la salute umana per la loro capacità di penetrare in profondità nell'apparato respiratorio. Ecco perché contro smog e traffico, per rivendicare il diritto alla salute, prende il via oggi il week-end di mobilitazione di Legambiente lungo la penisola: banchetti informativi, flash mob, incontri con le amministrazioni e i cittadini per discutere proposte sui problemi piccoli e grandi legati alla mobilità in città.
Nel 2011, secondo la classifica di Legambiente "PM10 ti tengo d'occhio", sulle 82 città monitorate, 55 hanno esaurito i 35 superamenti all'anno del limite di legge giornaliero per la protezione umana del PM10 (50 µg/m3). In particolare l'area della pianura Padana rimane la zona più critica. Tutti i capoluoghi lombardi hanno superato il "bonus" dei 35 giorni, in Piemonte si salva solo Verbania, in Veneto Belluno, Cesena in Emilia Romagna e Gorizia in Friuli Venezia Giulia.
A saltare all'occhio, però, oltre al numero di città che non rispettano i limiti, sono i giorni di sforamento e il loro pauroso aumento da un anno all'altro. Ben 13 città hanno registrato oltre 100 superamenti del limite di protezione della salute umana e 29 hanno superato di due volte il limite annuale dei 35 giorni fuorilegge. Se, per ipotesi, si potessero esaurire in anticipo i 35 superamenti consentiti ogni anno, Torino avrebbe già esaurito il bonus per i prossimi tre anni e mezzo, Milano e Verona per due anni e otto mesi, Alessandria e Monza per i prossimi 2 anni e mezzo. Rispetto al 2010, in alcune città la situazione è peggiorata in modo drammatico: Cremona ha registrato quasi tre mesi in più di aria irrespirabile, Verona due mesi in più, Treviso 50 giorni, e numeri allarmanti si leggono anche per Milano (44 giorni in più), Terni (42), Cagliari e Vercelli (entrambe hanno registrato un aumento di 38 giorni).
E se diminuiscono le città che hanno superato più di 25 volte il valore giornaliero dell'ozono, sono 18 quelle in cui gli sforamenti sono stati più del doppio di quelli concessi. Addirittura il triplo a Lecco, Mantova e Novara. È in leggera crescita anche il numero di città che non rispettano i limiti del biossido di azoto.
Le cause dell'inquinamento atmosferico sono chiare e conosciute da tempo. Analizzando il dettaglio cittadino delle fonti di emissione, si vede come il contributo del traffico veicolare sia rilevante per le polveri fini (come a Roma, Milano, Palermo e Aosta) e ancora di più per gli ossidi di azoto. Un'altra fonte sempre più influente in città è quella dei riscaldamenti, che in alcuni casi supera anche il contributo delle automobili, come ad esempio a Bolzano, Trento, Cagliari. E scendendo nel dettaglio delle emissioni che provengono dalle diverse categorie di veicoli, sono sempre le automobili le peggiori "inquinatrici", e sebbene sul mercato compaiano modelli di auto sempre più efficienti e alcuni progressi siano stati fatti sulla riduzione degli inquinanti che escono dai tubi di scappamento, non vanno sottovalutate quelle 9mila tonnellate di polveri a livello nazionale che derivano dall'usura degli pneumatici, dei freni e del manto stradale, che in buona parte finiscono nei nostri polmoni.
"Al traffico - commenta Rossella Muroni, direttore generale di Legambiente - si risponde troppo spesso con interventi occasionali di emergenza, come blocchi del traffico o targhe alterne, che possono servire a qualcosa solo se programmati in modo continuo nel tempo e associati a provvedimenti quali il pedaggio urbano. L'Area C recentemente introdotta a Milano è, ad esempio, un'iniziativa che va in questa direzione e che si dimostrerà tanto più efficace quanto più convincerà i milanesi a usare maggiormente i mezzi pubblici e la bicicletta. Sarebbe auspicabile integrarla con misure su zone più estese. Il tutto, poi, va coordinato a livello nazionale da un Piano di risanamento della qualità dell'aria, che ancora si fa attendere, e al quale si devono associare altre misure come quelle sul riscaldamento che in molte città contribuisce in maniera sostanziale all'aumento dell'inquinamento dell'aria. La soluzione è possibile, richiede però più coraggio da parte degli amministratori e più responsabilità da parte dei cittadini".
Per limitare le auto in città servono, insomma, serie politiche di mobilità sostenibile e di potenziamento del trasporto pubblico locale, ma si deve pensare più seriamente anche al modo di ridurre il flusso del traffico pendolare in entrata nelle città. Sono circa 11milioni le persone che ogni giorno si spostano per recarsi al lavoro o ai luoghi di studio, e di questi solo 2,8milioni scelgono il treno. Le pessime condizioni del servizio ferroviario e dei treni sono continuamente peggiorate dai continui tagli delle risorse e dei collegamenti, le difficoltà di muoversi in città una volta usciti dalla stazione, rendono il treno poco appetibile come mezzo di trasporto. Eppure aumentare di mille unità i treni in circolazione o investire a lungo termine per portare i passeggeri ad almeno 4 milioni, porterebbe benefici non solo alla qualità della vita, ridurrebbe le congestioni da traffico, e comporterebbe un risparmio di emissioni in atmosfera stimate da Legambiente in una riduzione dal 3,3% al 5,5% di PM10.
PM10 ti tengo d'occhio- superamenti del limite medio giornaliero di protezione della salute umana (50 µg/m3) nei capoluoghi di provincia nel 2011, rispetto alla centralina peggiore. Superamenti consentiti in un anno: 35
Città capoluogo
Centralina peggiore
Superamenti
Città capoluogo
Centralina peggiore
Superamenti
1
Torino
Grassi
158
28
Rimini
Abete
74
2
Milano
Senato
131
29
Como
Viale Cattaneo
76
3
Verona
Borgo Milano
130
30
Ferrara
Via Bellonci
72
4
Alessandria
D'Annunzio
125
31
Varese
via Copelli
69
5
Monza
via Machiavelli
121
32
Bologna
Porta San Felice
69
6
Asti
Baussano
117
33
Roma
Tiburtina
69
7
Brescia
Villaggio Sereno
113
34
Pescara
Viale Bovio
69
8
Vicenza
Quartiere Italia
112
35
Ravenna
Caorle
68
9
Cremona
via Fatebenefratelli
109
36
Terni
Le Grazie
68
10
Frosinone*
Scalo
108
37
Lecco
Via Amendola
64
11
Mantova
via Ariosto
108
38
Palermo
Di Blasi
63
12
Pavia
Piazza Minerva
103
39
Napoli
Oss. Astronomico
62
13
Treviso
Via Lancieri di Novara
102
40
Firenze
Mosse
59
14
Bergamo
Via Garibaldi
98
41
Benevento
Osp. Civili Riuniti
58
15
Rovigo
Centro
98
42
Macerata
Via Vittoria
54
16
Lodi
Viale Vignati
96
43
Avellino
Ospedale Moscati
48
17
Cagliari
Piazza Sant'Avendrace
94
44
Forlì
Roma
48
18
Padova
Mandria
94
45
Pordenone
Centro
47
19
Parma
Montebello
93
46
Taranto
Via Machiavelli
45
20
Venezia
Parco Bissuola
91
47
Trento
via Bolzano
45
21
Modena
Via Nonantola
90
48
Pisa
Borghetto
44
22
Vercelli
Campo CONI
90
49
Sondrio
via Mazzini
44
23
Ancona
Via Bocconi
88
50
Udine
P.le Osoppo
44
24
Reggio nell'Emilia
Timavo
86
51
Perugia
Ponte San Giovanni
43
25
Novara
Roma
84
52
Prato
Roma
43
26
Piacenza
Giordani-Farnese
81
53
Trieste
Via Carpineto
43
27
Biella
Lamarmora
77
54
Pesaro
via Scarpellini
39
55
Cuneo
Alpini
36
Fonte: elaborazione Legambiente su dati Arpa, Comuni, Province, Regioni
La classifica, che Legambiente stila dal 2006, elenca i capoluoghi di provincia in base al numero dei giorni di superamento del PM10 della centralina peggiore presente sul territorio urbano (a prescindere dal tipo di centralina) per numero di superamenti, raccogliendo i dati disponibili e diffusi sui siti delle Arpa Regionali. Si è scelto questo criterio per il confronto tra le città in quanto le Regioni scelgono modalità diverse nella comunicazione dei dati.
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