FIRENZE - Il Natale in istituto? "Stavolta no, grazie". Sarà un Natale in famiglia, con le loro o con quelle degli operatori, medici, amici e simpatizzanti che si sono offerti di ospitarli, quello che trascorreranno le 41 persone con disabilità che ogni giorno abitano al centro per disabili Villa San Luigi dell'Oda, l'Opera diocesana assistenza di Firenze. Un Natale non tra le mura del centro, ma in una casa vera e propria: con una famiglia, con il panettone, con gli addobbi e tutto il resto.
Dietro al gesto, dal grande valore simbolico, c'è un lavoro di squadra nato dall'impegno profuso quotidianamente presso la struttura dell'Oda di Firenze nella presa in carico della persona disabile intellettiva. In istituto non rimarrà nessuno: alcuni dei ragazzi ricoverati presso il centro, quelli fortunati che la hanno e che la hanno vicina, passeranno la giornata con le loro famiglie; gli altri, la maggior parte, saranno nelle case di chi si è offerto per ospitarli. E così, come fanno notare da Villa San Luigi, Giampierino se ne andrà a casa di Claudio, un ex dipendente del centro, Saverio e Andrea trascorreranno il 25 dicembre a casa di una famiglia di amici volontari dell'Unitalsi; Paolo, Vincenzo, Caterina, Elisa saranno a Reggello, a casa di Sara, un'educatrice del centro. E via così, per tutti e 41 gli ospiti del centro di Castello, che nel giorno del Natale chiuderà i battenti. Anche i medici della struttura ospiteranno nelle loro famiglie i ragazzi più complessi, che hanno maggiori problematiche cliniche.
Quello che sta per avvenire al centro Oda Villa San Luigi - affermano i responsabili - è emblematico di un modo di intendere la residenza in istituto ben preciso: "Crediamo - spiega la direttrice del centro Giovanna Sorrentino - che la permanenza nel centro per questi ragazzi debba essere una fase di un percorso di presa in carico riabilitativa, non un punto d'arrivo della loro esistenza: a volte il ricovero in residenziale è indispensabile anche per bambini in età tenerissima, utilissimo per la loro crescita, per la loro abilitazione, ma occorre già dal primo giorno di ricovero lavorare per la loro de-istituzionalizzazione, il loro rientro in famiglia e nella società". "Quello che siamo riusciti a fare chiudendo l'istituto per Natale - conclude - è un piccolo gesto, un piccolo passo per sensibilizzare le famiglie e la società, per abituarle a pensare che accogliere e occuparsi di un disabile, anche se grave, è possibile, e non bisogna arrendersi all'idea che non sia possibile farlo".